L’AUTONOMIA È LEGGE, “L’IRA” DI OCCHIUTO
È UN GRAVE ERRORE DEL CENTRODESTRA

di SANTO STRATI – Dice bene il Governatore Roberto Occhiuto che il centro destra nazionale ha commesso un grave errore di cui presto si renderà conto: ieri è stato un giorno cupo per la Repubblica e l’unità del Paese. Questa vittoria (simbolica, sia chiaro) della Lega indica quanto fragile sia la coalizione di Governo e come la Meloni sottovaluti – sbagliando – la reazione del Sud. Quel Sud che aveva appena espresso un voto chiaro per l’Europa, ma soprattutto col suo fortissimo tasso di astensionismo aveva indicato l’insofferenza non più nascosta del popolo calabrese. Preso in giro, irriso e verso il quale le attenzioni – come al solito quand’è ora del voto – si erano accentuate. Il voto di ieri non fa che confermare il divario sempre incolmabile di questo Paese che viaggia a due velocità.

L’autonomia differenziata non è il demonio assoluto, ma così come è stata concepita è un provvedimento spacca-Paese che, anche se non potrà essere realizzato in assenza dei fondi necessari a garantire i Livelli Essenziali di Prestazione – conditio sine qua non per l’attuazione della legge – lascerà una brutta scia di come sia lontano il Paese legale dal Paese reale.

Nonostante gli allarmi, i suggerimenti, le osservazioni utili a modificare un provvedimento stupido e divisivo, la Lega ne ha fatto una questione di bandiera, coinvolgendo in modo insolubile la coalizione. La gente comune ha capito bene il patto di scambio premierato-autonomia che i Fratelli di Giorgia e i federalisti (a parole) del Nord era un trappolone da cui era impossibile uscire. E bisogna dire che bene hanno fatto a esprimere il proprio dissenso i deputati calabresi di Forza Italia, Cannizzaro, Mangialavori e Arruzzolo, votando contro.

Ma la legge è passata, con un’aula dove mancavano 129 deputati e la cui maggioranza richiesta era di 136 voti. Ce ne sono stati altri 72 a far diventare legge un provvedimento che rischia di allargare il distacco del Sud, quando sarebbe invece necessaria una intesa coesa per le riforme di cui il paese ha un bisogno assoluto.

Ma quali riforme, se analizzando i provvedimenti di questo governo non si riesce a individuare almeno un provvedimento serio e costruttivo, utile a far crescere il Paese, garantendo diritti e lavoro, aiutando le fasce più deboli e contrastando le troppe fragilità di una buona parte di popolazione che è a rischio di povertà assoluta. La cancellazione del discutibile “reddito di cittadinanza” non ha trovato seguito in un sostegno consistente a chi è rimasto improvvisamente in brache di tela, con bambini, anziani e disabili improvvisamente privati di un aiuto vitale.

Ci sono stati abusi – questo è verissimo – ma la colpa è di chi non ha vigilato, non dei poveracci che con l’assegno di mantenimento portavano il pane a casa. Ma questa è solo la punta di un iceberg che potrebbe distruggere 100 Titanic e non si può pensare all’“obolo” di 500 euro destinato a settembre – una tantum – agli incapienti e ai sottosoglia dell’Isee. Il Paese chiede riforme vere, a cominciare da un fisco voracissimo con i lavoratori dipendenti, ma assai lascivo con gli evasori di professione.

Un fisco che punisce pesante-mente l’errore formale di chi paga regolarmente le tasse, ma ignora chi non ha mai denunciato un centesimo né tanto meno pagato tributi. Un Governo che abbuona introiti milionari alle banche e ne subisce il “ricatto” riducendo a briciole il contributo sociale che ne sarebbe potuto venire, che taglia la decontribuzione al Sud (ma quale imprenditore sarà più “attratto” a localizzare parti dell’azienda nelle aree depresse in assenza di incentivi) e favorisce i grandi investimenti, deprimendo la piccola impresa che è il tessuto connettivo del Paese.

La vittoria (di Pirro) della Lega e di quella parte di centrodestra (quasi tutta) che continua a vantare favolistici vantaggi derivanti dall’Autonomia, non ha prospettive rosee. Il Paese, ma soprattutto, il Mezzogiorno non ne può più di parole e buone intenzioni, richiede interventi e provvedimenti che, in nome della coesione sociale e dell’inclusione, possano mettere sullo stesso piano – per intenderci – i bambini degli asili di Reggio Emilia con quelli degli asili di Reggio Calabria. È una vana speranza, anzi, con l’attuazione improbabile, lo ripetiamo) dell’Autonomia grazie all’infame logica della spesa storica, ci sarà sempre di meno per le regioni più deboli. E la Calabria ne è la capofila.

Non succederà nulla nel Governo, l’opposizione è pressoché inesistente e la sinistra sta fallendo miseramente il suo ideale riformista, nutrendo gli ultimi seguaci di parole ad effetto, ma prive di qualsiasi risultato. Il Governo di Giorgia Meloni durerà tutta la legislatura per mancanza di avversari, ma cominci a guardare con occhio diverso il Sud e la sua lenta agonia che porterà solo disagi all’intero Paese.

Se non riparte il Sud, non riparte l’Italia: bellissima frase ad effetto, ribadita a 360 gradi, ma regolarmente disattesa. Si litiga sull’acqua sporca e la si butta via, senza accorgersi del bambini che c’è dentro: il messaggio è chiaro ed evidente: l’Europa guarda a destra e nessuna quaestio se si tengono lontane nostalgie antistoriche e autoritarismi insopportabili. L’Italia può svolgere un ruolo determinante nella nuova Europa che le urne ci hanno portato, ma deve decidere da che parte stare. Dalla parte di chi lavora e produce, o dalla parte di chi gattopardescamente spera che tutto cambi perché tutto rimanga come prima. (s)

L’OPINIONE / Vincenzo Capellupo: Serve intervento del Governo per situazione negli Istituti

di VINCENZO CAPELLUPO – Durante la seduta del Consiglio comunale, ho ascoltato la relazione del garante dei detenuti del Comune di Catanzaro, avvocato Luciano Giacobbe.

L’esposizione del garante si è concentrata sulla situazione dell’istituto penitenziario  cittadino “Ugo Caridi” e sulle sue numerose criticità.
Da un punto di vista infrastrutturale, diverse sezioni del carcere cittadino non sono state ristrutturate, sono ancora umide e piene di muffa, con bagni a vista e addirittura in molti casi non sono garantiti i 3 mq di spazio calpestabili che devono essere garantiti a ogni singolo detenuto.
Quest’ultimo criterio è stato fin dal 2009 individuato dalla Cedu come necessario affinché lo Stato non incorra nella violazione del divieto di trattamenti umani e degradanti. Oltre alle carenze infrastrutturali è emersa dalla relazione la notevole scopertura di organico della polizia penitenziaria e di funzionari giuridici-pedagogici e l’esistenza di un solo mediatore culturale per centinaia di detenuti stranieri.
Una situazione drammatica, non degna di un paese civile.
Recentemente sono stati annunciati alcuni importanti stanziamenti che tuttavia, da quanto ho appreso dalla stampa, non riguarderanno le sezioni detentive.
Sin dal mio insediamento in questa consiliatura sono stato promotore della nomina di un garante comunale dei detenuti, consapevole che il miglioramento delle condizioni carcerarie è elemento imprescindibile per la sicurezza dei cittadini, essendo l’utilizzo distorto del concetto di legalità spesso abusato dalla destra al governo.
Al contrario, sono convinto che proprio per promuovere legalità e sicurezza si devono garantire condizioni umane nelle carceri ed occasioni di studio e lavoro ai detenuti. In questo percorso, anche l’Amministrazione comunale può giocare un ruolo importante. Negli scorsi mesi, infatti, anche grazie al Garante dei detenuti – che ringrazio per il lavoro che sta svolgendo con dedizione – siamo riusciti ad
attivare con l’istituzione penitenziaria una serie di percorsi che hanno come obiettivo quello di migliore le condizioni di vita all’interno delle carceri e favorire il reinserimento sociale dei detenutI. (vc)
[Vincenzo Capellupo è consigliere comunale di Catanzaro]

ENI E GOVERNO SCOMMETTANO SU JONIO
LAVORO, DIGNITÀ E FUTURO SONO POSSIBILI

di DOMENICO CRITELLI – Conservo memoria di quando i partiti, nel distinguo delle posizioni di Governo o di opposizione, esercitavano il loro potere di influenza sui livelli Regionali e Nazionali. Vi era rispetto delle regole e, soprattutto, del consenso che essi esprimevano su base territoriale e non sempre in funzione di governo.

Erano i tempi dei partiti di massa, del sistema proporzionale e del peso specifico che il collegio elettorale esprimeva nella formazione del consenso Nazionale. Ebbene, al netto anche dei difetti che quel sistema elettorale generava, i candidati avevano come riferimento i territori, e, l’azione politico istituzionale, imponeva una visione generale.

Come nel caso del processo di deindustrializzazione che ci ha riguardato a partire dagli anni ’80 fino agli anni ’90. Ricordiamo tutti la stagione dei “Fuochi” e lo scontro politico e sindacale che ne scaturì.

Ognuno di noi difendeva posizioni politiche, visioni diverse talvolta contrastanti senza nulla di personale e a poco varrebbe stabilire, oggi, chi avesse ragione o torto nel difenderle.

Sta di fatto, però, che quella crisi trovò ascolto e impegno del Governo Nazionale, oltre che fronte comune del movimento Sindacale e delle Istituzioni Locali e Regionali, pur in presenza di equilibri politici non sempre coincidenti.

Quella crisi assunse una dignità nazionale con la istituzione di un tavolo concertativo (task force) presso la stessa Presidenza del Consiglio. Bisognava ridefinire una prospettiva di sviluppo per un’area, quella Crotonese, che aveva rappresentato un unicum nell’intero mezzogiorno.

Vi era da prevenire oltre che l’impoverimento di un territorio che aveva garantito quasi piena occupazione anche una diversificazione del suo tessuto imprenditoriale e produttivo.

L’autorevolezza di quel livello di interlocuzione che il sistema Politico e Sindacale seppe realizzare, garanti’ un monitoraggio della crisi che generò un’idea di “Contratto d’area e Sovvenzione globale” con le risorse Nazionali adeguate ed un soggetto locale, “Crotone Sviluppo Spa, che sapesse valutare le manifestazioni di interesse di imprenditori locali e Nazionali a raccogliere la sfida del Governo.

In pratica, una lunga e virtuosa stagione di riconversione industriale, ambientale e produttiva. Osservando, oggi, il montare dell’onda protestataria, dopo anni di silenzi, omissioni, rinvii e un fatalistico “quieta non movere” degli ultimi Governi nazionali, escluso l’ultimo, sembra di essere in presenza di un’onda anomala che può trasformarsi in uno tsunami.

Mi verrebbe da suggerire, a tutti i protagonisti in campo, di immaginare che le attività industriali di Pertusola e Montedison non siano cessate, compiutamente, sul finire degli anni 90(oltre 20 anni fa’) ma da appena qualche anno, in coincidenza della Pandemia, giusto per intrecciare, suggestivamente, una fase di cimento globale.

Provo ad usare questo schema per capire se il confronto, sempre fra gli attori locali si concentrerebbe sulle prospettive e le potenzialità da cogliere piuttosto che sul rimpallo di responsabilità di chi ha avvelenato e di chi si è girato dall’altra parte; di chi ha fatto la faccia feroce nei confronti “dell’avvelenatore” e di chi, invece, ha svestito i panni del Masaniello per indossare quelli del Macchiavelli o del “Re Travicello”.

Si tenga conto, oltretutto, che anche le Amministrazioni Comunali che hanno interloquito con “l’avvelenatore”, per i diversi atti concessori e autorizzativi, dovrebbero essere posti sul banco degli imputati, quanto meno per culpa in vigilandi. E a cascata le Direzioni Aziendali piuttosto che i Sindacati che sarebbero venute meno alla funzione di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori.

Un puzzle inestricabile. Un collo di bottiglia che non so’ quanto convenga perpetuare se si intende “Bonificare” piuttosto che tombare che, poi, è poco meglio della realtà fattuale: tutti quei veleni sono a cielo aperto o in fondo al mare.

Al netto del giudizio che si può avere sulle Amministrazioni locali, Comune e Provincia, e su quella Regionale, esiste un punto di caduta che impone di ricreare la stessa “unità-diversita’” degli anni della concertazione sapendo che oggi, meglio di ieri, non vi è la necessità di inventarsi o reperire risorse, strumenti e strategie, perché esistono e si chiamano: Sin (Sito interesse nazionale), Pnrr (Piano nazionale ripresa resilienza); Green Deal (Comm.ne Europea); Zes ( Zona Economica Speciale).

A mio giudizio, e non perché elettore di Roberto Occhiuto, il Governo Regionale ha una guida autorevole, di peso nazionale, anche un po’ solitaria, visto il contesto generale e lo stato di salute dei partiti a tutti i livelli.

Non ho la pretesa di essere condiviso nel mio giudizio su Occhiuto, così come, all’epoca, nessuno poteva contestare il ruolo e il peso specifico che ebbe Riccardo Misasi.

Si converrà che se si ricreassero le stesse condizioni politiche degli anni ’90 di “unità nella diversità” ed il tavolo concertativo, guidato da Occhiuto, chiamasse alle loro responsabilità, il Governo Nazionale ed Eni Corporate, forse si potrebbe immaginare di riscrivere la storia della Calabria Jonica “Ripartendo dall’ultima e dalla Polis”.

L’ho virgolettato perché è l’apertura del documento politico col quale, con un gruppo di amici, proviamo a ridare voce ad un’area politica in grande sofferenza, soprattutto alle nostre latitudini, rispetto alla visione di sviluppo e di rilancio della Città di Crotone e della sua Provincia: quella Popolare Liberale e Riformista.

Ma l’imperativo è per tutti, perché ci stiamo spopolando e non possiamo consentirci pause di riflessione, addirittura di conflitto o di visione monocorde. Ci sono decisioni e iniziative che si sarebbero dovute prendere 20 anni fa.

Ecco perché la storia non assolverà nessuno: né quelli di ieri ma neppure quelli oggi.

Proprio in quell’area dove Crotone ha conosciuto il suo riscatto e il suo benessere, l’ex area industriale, bisogna ricreare le condizioni per ridare speranza ai nostri giovani che un futuro di dignità del lavoro è possibile senza dover emigrare e, magari, dando l’opportunità agli altri anche di ritornare a casa per remare, tutti, nella stessa direzione. Nella diversità. (dc)

L’OPINIONE / Antonio Giannotti: Tutti a Roma per salvare la balneazione attrezzata italiana

di ANTONIO GIANNOTTI – La nostra balneazione attrezzata oggi rappresenta una risorsa fondamentale per l’offerta turistica del Paese, e un comparto rilevante per l’economia italiana.

Si tratta di 30.000 imprese, prevalentemente a conduzione familiare, con 100.000 addetti diretti che rischiano di perdere il lavoro a causa di una errata e confusa applicazione della Direttiva Bolkestein, la quale impone la messa a gara delle concessioni demaniali marittime alla scadenza. La questione è estremamente annosa, mai affrontata da tutti i Governi che si sono susseguiti negli ultimi 15 anni, i quali hanno, piuttosto, preferito rinviare concedendo proroghe con diverse scadenze, poi annullate dalla giurisprudenza amministrativa italiana. La Corte costituzionale ha annullato tutte le leggi regionali che avevano lo scopo di tentare di disciplinare la questione, essendo la stessa di competenza esclusiva dello Stato nazionale.

Oggi manca, quindi, una legge nazionale per un corretto recepimento della Direttiva Bolkestein, la quale presuppone l’accertamento della scarsità della risorsa demanio (e cioè l’impossibilità di avviare nuove aziende nel settore) così come chiarito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Quella emanata dal Governo Draghi (art. 3 e 4 della legge nr. 118 del 5 agosto 2022 cd concorrenza) manca dei decreti attuativi, mentre il Governo attuale, fino ad oggi, non ha mai emanato una nuova legge di riordino del sistema che la sostituisca.

Il Sib – Sindacato Italiano Balneari, pertanto, è stato costretto ad indire questa manifestazione, chiamando a raccolta tantissimi imprenditori balneari provenienti da tutta Italia, per la mancata emanazione, da parte dello Stato nazionale, di un atto normativo chiarificatore sulla durata delle concessioni demaniali marittime vigenti. Non si tratta solo di imprese balneari, ma anche di ristoranti, chioschi, campeggi, spiagge ecc. tutte quelle strutture, cioè, che insistono sul demanio sia marittimo che lacuale o fluviale Non è più assolutamente rinviabile un intervento normativo che eviti la gestione confusa e caotica delle funzioni amministrative in materia, e, soprattutto, il forte e concreto rischio di inevitabili contenziosi che gli imprenditori sarebbero costretti ad intraprendere presso le Autorità giudiziarie competenti.

Si tratta di una richiesta condivisa dalle Regioni e dai Comuni costieri che, tra l’altro, esercitano le funzioni amministrative in materia pur non potendo disciplinare le modalità e i termini di durata delle concessioni demaniali marittime. È evidente la gravità della situazione e l’urgenza di un intervento normativo risolutivo che metta in sicurezza giuridica la balneazione attrezzata italiana e faccia ripartire il settore. I molteplici servizi degli stabilimenti balneari italiani, costituiscono, da oltre 2 secoli, il ‘fiore all’occhiello’ della nostra offerta turistica, si basano su competenza e professionalità, caratteristiche peculiari e uniche che attirano, ogni anno, milioni di turisti sulle nostre coste.

Abbiamo bisogno di certezze per poter investire e, soprattutto, per contribuire a far tornare il comparto turistico italiano ai vertici del settore. (ag)

[Antonio Giannotti è presidente Sindacato Italiano Balneari Calabria]

Tirocinanti, i sindacati chiedono l’intervento del Governo

Le Segreterie Regionali Nidil Cgil, Felsa Cisl ,Uiltemp, Usb Fds hanno chiesto l’intervento del Governo per la vertenza dei tirocinanti calabresi, in quanto nel Dl Milleproroghe manca la dotazione finanziaria, valutabile in circa 60 milioni di euro annui.

I sindacati, poi, hanno reso noto che riproporranno l’azione sindacale nei confronti dell’Anci Calabria, nella persona della presidente Rosaria Succurro, «della quale si è potuto apprezzare uno spirito collaborativo, mancante nelle precedenti gestioni».

Quella dei tirocinanti, infatti, è una delle vertenze «più importanti – si legge in una nota – per il mondo del lavoro in Calabria con più di 4.000 lavoratori coinvolti, distribuiti in circa 450 amministrazioni pubbliche»

Il dl Milleproroghe, infatti, accoglie le deroghe normative affinché gli enti possano procedere alle assunzioni. Dopo la sua approvazione è seguito un confronto sui territori tra le quattro sigle sindacali e i lavoratori «per dare piena consapevolezza non solo di quanto conquistato, ma anche del difficile percorso di quanto ancora è necessario ottenere per poter davvero superare la fase dei tirocini formativi e approdare ad un lavoro vero e tutelato».

«Manca, infatti, la parte economica – hanno evidenziato i sindacati – ossia quella dotazione finanziaria valutabile in circa 60 milioni di euro annui, perché gli Enti, in particolare i Comuni – notoriamente in gravi difficoltà finanziarie – possano procedere a concretizzare la norma che, altrimenti, rischia di restare lettera morta».

«Nel valutare quindi – hanno detto i sindacati – la mancata capacità della maggioranza degli Enti comunali di tradurre le norme in posti di lavoro per via della loro situazione economico – finanziaria, ribadiamo che l’unica soluzione per garantire un contratto a tutti i tirocinanti sia un intervento da parte del governo con il riconoscimento di un contributo al quale affiancare eventualmente altre risorse da parte della Regione Calabria».

«I prossimi mesi, dunque – hanno proseguito – saranno importanti anche alla luce dei provvedimenti normativi che saranno presentati al Parlamento e che dovranno effettivamente rendere la norma appena approvata accessibile a tutti gli enti utilizzatori per permettere di trasformare le parole in fatti. Continuiamo a pensare, infatti, che su una vertenza che coinvolge un così grande numero di famiglie calabresi non si possa pensare né a fughe in avanti solo per fini elettorali e nemmeno a facili scarica barili».

«Tutti i soggetti coinvolti a livello nazionale e regionale – hanno concluso le Segreterie – assieme alle parti sociali, devono remare nella stessa direzione. Richiameremo tutti alle proprie responsabilità anche attraverso mobilitazioni di piazza che decideremo assieme ai lavoratori». (rcz)

 

L’OPINIONE / Franz Caruso: Governo e Regione su muovo a tentoni sulla Scuola

di FRANZ CARUSO – Con quale coraggio il Ministro Valditara viene in Calabria, accolto trionfalmente dal governatore Occhiuto, a parlare di potenziamento del sistema scolastico calabrese dopo il piano di dimensionamento lacrime e sangue che hanno varato e che ha tagliato nella nostra regione, per il prossimo triennio, ben 79 autonomie scolastiche, di cui 29 solo nella provincia di Cosenza?

Con quale ardire, lo stesso esponente del Governo Meloni insieme all’accondiscendente governatore Roberto Occhiuto, parlano  di migliorare il livello di istruzione degli studenti calabresi nel mentre la loro compagine governativa di centrodestra si appresta ad approvare l’Autonomia Differenziata  che prevede la regionalizzazione di aspetti fondamentali del sistema educativo italiano, come i programmi scolastici, il personale e i contratti di lavoro, nonché i fondi per il finanziamento dell’istruzione?

Seppur positiva la collaborazione tra Università, Regione e Scuole del territorio, ma davvero il semplice aumento di ore extracurriculari può rappresentare la panacea dei mali del sistema scolastico calabrese? Con 200 ore extracurriculari si potranno colmare i divari territoriali ed i gap formativi? Io credo di no. Anzi La scuola italiana ha bisogno di una riforma strutturale che oggi si poteva avviare approfittando dei fondi Pnrr, fissando un incremento della spesa stabile, finalizzato e non occasionale, e puntando su alcune aree disagiate del Paese, dove appare necessario diminuire, per esempio, il numero medio di alunni per classi.

Occorre anche inquadrare le maggiori risorse messe a disposizione delle scuole in una riforma organica del sistema scolastico finalizzata anche ad un riconoscimento della professionalità dei lavoratori della scuola, dirigenti scolastici, docenti, personale Ata, attraverso la formazione continua, una selezione e la verifica periodica della capacità professionale, il riconoscimento sociale ed economico dell’importante funzione svolta. Ma tant’è.

In generale, noto con profondo rammarico un totale disinteresse verso la scuola e la funzione sociale che, soprattutto quella pubblica, riveste nel nostro Paese ed in particolare nel nostro Meridione ed in Calabria. Ci si muove a tentoni, con provvedimenti spot che, soprattutto nella nostra regione non tengono in alcun conto delle criticità territoriali delle zone interne e montane, né la carenza del nostro sistema trasportistico, tanto meno il drammatico fenomeno della dispersione scolastica che da noi si registra con percentuali elevate e che rappresenta un vero e proprio fallimento educativo che condizionerà negativamente il futuro dell’intero Paese. (fc)

[Franz Caruso è sindaco di Cosenza]

PNRR, LA VERA SFIDA PER IL MEZZOGIORNO
È LA MESSA IN SICUREZZA DELLA QUOTA SUD

di LIA ROMAGNO – La sfida dell’attuazione del Pnrr per l’Italia vale tra il 2 e il 2,5% di Pil in più, percentuali superiori alla media europea. A “pesare” l’impatto del piano per il sistema Paese è stato ieri il commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni.

«La proiezione sulla misura aggiunta di Pil nel 2026 per i diversi Paesi dal Next Generation Eu è una media dell’1,4% aggiuntivo – ha affermato intervenendo a un evento per i quarant’anni di Affari&Finanza, a Milano –. Si va da Paesi che hanno nel 2026 un Pil tra il 4 e 5% in più, come la Grecia. Altri che stanno al 3%, come la Spagna. L’Italia tra il 2 e 2,5%, quindi è sopra la media europea. Ovviamente sono modelli matematici che possono essere confermati o meno. Questo ci dice che la potenzialità dello strumento è notevole».

La sfida «si gioca nei prossimi due tre anni in modo decisivo», ha sottolineato Gentiloni, considerando che il processo di revisione, approvato dal Consiglio europeo lo scorso 8 dicembre, ha allungato le scadenze per molti obiettivi, «quindi – ha affermato – quest’anno sarà più leggero».

Dopo i ritardi e le criticità che hanno segnato la prima parte del 2023, dovute anche alle ricadute delle tensioni geopolitiche, il Piano è ripartito. L’Italia «si è rimessa in carreggiata», ha affermato il commissario europeo, dicendosi poi «soddisfatto dell’Italia: Mi fa piacere che il governo consideri il piano come figlio suo e non una strana eredità. Penso che la revisione del piano, non priva di controversie – pensiamo alle città che hanno lamentato alcuni definanziamenti – abbia un vantaggio: è diventato il piano dell’attuale governo, non più eredità più o meno subita che un governo precedente o quello prima addirittura aveva negoziato con la Commissione europea senza contributo dell’autorità attuale. E il piano ha mostrato di potersi adattare, sia sulle materie energetiche, sia nel tener conto dell’inflazione».

«Le sfide rimangono perché la quinta rata vale poco più di 10 miliardi e l’ultima del 2026 ne vale 40. Poi le cose bisogna farle e bisogna toglierci dalla testa che se abbiamo rispettato alcuni tempi e alcuni obiettivi negoziati con la Ue ora sia tutto in discesa: l’impegno più sostanziale verrà nei prossimi due-tre anni», ha ribadito.

La portata della sfida la fanno i numeri del Piano: 194,4 miliardi, di cui 71,8 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 in prestiti, 66 riforme e 150 investimenti. Finora la Commissione ha erogato oltre il 50% dei fondi destinati all’Italia nell’ambito del Recovery and Resilience Facility, oltre 102 miliardi.

Se l’Ue nei prossimi giorni darà il via libera anche alla quinta rata- la richiesta di pagamento è partita alla fine di dicembre – la dote già incassata salirà a 113 miliardi, pari a oltre il 58% dei 194,4 miliardi stanziati in sede europea.

Finora, secondo la relazione sull’attuazione del Pnrr presentata dal ministro degli Affari Europei e regista dell’ “operazione” Pnrr, Raffaele Fitto, sono state spese circa la metà delle risorse già incassate, ovvero 45,6 miliardi su 102, il 23% dell’importo totale. Da qui la necessità di spingere sull’acceleratore su cui ha messo l’accento anche la premier Giorgia Meloni.

Il Pnrr resta un cantiere aperto, sia sul fronte interno, sia su quello europeo: la scorsa settimana il via libera del Consiglio dei ministri al nuovo decreto per l’attuazione del piano che punta a velocizzarne la messa a terra, anche introducendo norme mirate a una maggiore responsabilizzazione dei soggetti attuatori (l’iter di conversione prenderà il via dalla Commissione Bilancio di Montecitorio).
Ieri l’invio alla Commissione europea di una richiesta di revisione del “nuovo” piano, adottato dal Consiglio Ue l’8 dicembre scorso. Riguarda essenzialmente la «correzione di alcuni elementi tecnici nel Pnrr, così come approvato nell’ultima Cabina di regia», ha spiegato il ministro Fitto, sottolineando la «continua e proficua collaborazione tra il governo italiano e la Commissione europea».

«La revisione consentirà la corretta attuazione del Pnrr così come modificato lo scorso dicembre», ha aggiunto il ministro che oggi sarà a Bruxelles dove in mattinata, nella sede del Parlamento europeo, vedrà la presidente Roberta Metsola, mentre nel pomeriggio sarà invece a Palazzo Berlaymont per incontrare il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, il Commissario per il bilancio e l’amministrazione, Johannes Hahn, e quello per la Giustizia, Didier Reynders.

La portavoce dell’esecutivo Ue, Veerle Nuyts, ha chiarito che le modifiche tecniche riguardano «correzioni di errori materiali», «modifiche per chiarire la formulazione di alcuni traguardi raggiunti rispetto agli obiettivi», e sono necessarie «per assicurare la coerenza di tutto il testo con la decisione del Consiglio Ue che ha approvato la revisione del Piano» a dicembre.

La Commissione dovrebbe impiegare meno di due mesi per completare la sua valutazione della richiesta italiana, hanno assicurato fonti comunitarie.

Per il Mezzogiorno la sfida è vitale e passa dalla messa in sicurezza della “Quota Sud”, un punto su cui ha insistito il direttore generale dello Svimez, Luca Bianchi, intervenendo al convegno Quale sviluppo per il Mezzogiorno e la Calabria organizzato dalla Cgil a Lamezia Terme, cui ha preso parte anche il presidente della Regione, Roberto Occhiuto.

Bianchi ha chiamato in causa la debolezza amministrativa degli enti locali meridionali di fronte a quella che è «un’occasione decisiva» per accorciare la distanza con il resto del Paese e avviare il rilancio del Sud.

«C’è stata una rimodulazione che rischia di ridurre la quota Sud. Dobbiamo pertanto spingere innanzitutto sulla qualità amministrativa per regioni come la Calabria. Bisogna concentrarsi per mettere a terra le risorse perché non è possibile che non si raggiunga la quota del 40% che è la quota prevista per il Mezzogiorno dalla quale non si può derogare – ha affermato –. Al Governo diciamo di supportare e rafforzare le amministrazioni locali nell’attuazione perché questo Pnrr serve anche a ridurre i divari territoriali e non si può assolutamente derogare questo obiettivo». (lr)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia] 

L’OPINIONE / Simone Celebre: Regione chieda potenziamento degli interventi di Rfi

di SIMONE CELEBRE – Non è una novità per nessuno che lo sviluppo di un’area, di una regione, passa ineludibilmente anche dalle infrastrutture ferroviarie. E tra queste un posto in prima linea lo guadagna l’Alta velocità SA-RC. Nel Mezzogiorno ci sono 4 delle 12 linee ferroviarie peggiori d’Italia, tra queste la tratta Jonica, il collegamento Taranto/ Reggio Calabria.

In Calabria l’età media dei convogli è di 21 anni e 4 mesi, peggio di noi solo il Molise, contro l’età media dell’intero Paese che è di solo 15 anni.

In Calabria ci sono solo 294 corse giornaliere, in Lombardia sono quasi 2200 considerato che questa regione ha solo 5 volte il numero degli abitanti, mentre il numero delle corse e di quasi 7 volte, il 70 % delle linee ferroviarie calabresi è a binario unico e più del 50 % ancora non è elettrificato. Con questi dati ci chiediamo quale sia il senso di dare priorità alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, un’opera molto impattante economicamente, circa 11 miliardi, che non sposterà per nulla la qualità di vita dei cittadini calabresi e siciliani, sapendo che non ci sono tante risorse da investire nel sistema dei trasporti. Noi, come Fillea, riteniamo che il rilancio della mobilità su ferro e la condizione che vivono i nostri pendolari debbano diventare e una priorità dell’agenda politica nazionale e regionale.

Perciò ribadiamo l’importanza che l’Alta Velocità arrivi anche nel Sud Italia e che attraversi l’intera regione Calabria. Non accettiamo che si fermi a Romagnano. Come Fillea Cgil Calabria, purtroppo però, siamo molto preoccupati dal fatto che, a oggi, non ci sono finanziamenti per la sua realizzazione. Dal confronto avuto con il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, e i vertici di Rfi, è emerso, infatti, un dato incontrovertibile: i tempi per la concreta infrastrutturazione ferroviaria della Calabria non sono ancora maturi.

Se, infatti, Rete ferroviaria italiana prevede di investire in Calabria oltre 36 miliardi di euro, la messa a terra di questa ingente mole di finanziamenti rimane sulla carta per quanto riguarda i primi interventi per la realizzazione dell’Alta velocità ferroviaria. Per il momento l’unico intervento che pare avere un’accelerazione è quello relativo al raddoppio della galleria Santomarco.

Per l’elettrificazione, la messa in sicurezza e il potenziamento della linea ionica, poi, i tempi appaiono ancora più dilatati. Alcuni interventi sono in fase di progettazione, per altri lo stato di avanzamento si ferma all’iter autorizzativo, per altri ancora non si va oltre quella che viene definita “attività negoziale”.

Alla luce di quanto appreso durante l’incontro, pur non sottraendoci all’impegno di affrontare ulteriori confronti per esercitare il giusto controllo sociale sull’operato di Rete ferroviaria italiana, chiediamo ai vertici dell’amministrazione regionale di sollecitare, anche per tramite del Governo, il potenziamento dell’intervento infrastrutturale di Rfi in Calabria e l’accelerazione delle procedure di progettazione e dell’iter burocratico al fine di consentire al territorio regionale di registrare, in tempi contingentati, il giusto ed atteso potenziamento della rete infrastrutturale ferroviaria.

Non vorremmo che si verifichi quello che è sempre avvenuto qui in Calabria e cioè solo tante belle promesse, ma poi gli interventi sono sempre risultati molto limitati sia in termini di impatto e sia in termini di risorse. Bisogna garantire ai calabresi, oltre all’Alta Velocità, più linee ferroviarie a doppio binario, elettrificate, con più treni moderni, puntuali perché altrimenti continueremo ad assistere a una situazione in cui i cittadini calabresi non avranno la possibilità di scegliere, in quanto costretti a spostarsi con i mezzi privati, scelta invece garantita nelle altre regioni. Purtroppo, a oggi, siamo costretti a constatare che il nostro Paese corre a diverse velocità anche tra regioni del Sud. (sc)

[Simone Celebre è segretario generale di Fillea Cgil Calabria]

UilFpl Calabria: Regione solleciti Governo per finanziamenti per contrasto e cura disturbi alimentari

La Uilfpl Calabria e il Coordinamento Pari Opportunità di Uil Calabria, hanno chiesto che la Regione solleciti il Governo «a rendere strutturali i finanziamenti per il contrasto e la cura dei Dna e, per quanto di sua competenza, promuovendo – attraverso le Asp – il potenziamento di queste strutture dal punto di vista occupazione e finanziario».

Per il sindacato, infatti, «il mancato finanziamento del fondo nazionale per la cura dei disturbi alimentari è uno strappo che il governo deve, prontamente, ricucire. A poco può bastare, in questo senso, l’inserimento nel decreto Milleproroghe di un emendamento che ripristina, ma per il solo 2024, questo fondo in maniera parziale».

«Ciò che serve nell’affrontare questi disturbi – viene evidenziato – che sempre più spesso affliggono anche minori in tenera età, è la certezza delle cure. Per ottenere questo risultato, per far si che i centro operativi in tutta Italia – di cui tre operativi in Calabria secondo quanto segnalato dall’Istituto superiore di sanità – possano offrire concretamente le loro prestazioni e assicurare i giusti trattamenti a chi ne ha bisogno, è fondamentale poter contare su un sostegno economico e finanziario strutturale».

«Chi è affetto da questa patologia – si legge nella nota congiunta – ha bisogno di un’attenzione permanente. Per questo è di fondamentale importanza che i centri impegnati nella diagnosi e nella cura di questi disturbi abbiano a disposizione dei posti letto dedicati, cosa che per il momento è prevista sulla carta solo per il centro che, sempre stando ai dati dell’Istituto superiore di sanità, sarebbe operativo a Cetraro e non a Catanzaro e a Crotone».

«Avere dei posti letto a disposizione di ogni centro significa, da una parte – si legge ancora – seguire al meglio chi ne ha bisogno e, dall’altra, limitare il ricorso alla migrazione sanitaria, con effetti benefici immediati sia per chi deve farsi curare e sia per la casse della sanità calabrese sulle quali gravano i costi di chi sceglie di farsi curare fuori regione. Le strutture, poi, sono spesso a corto di personale e, quindi, in difficoltà nello gestire le richieste di tutti coloro che manifestano disturbi dell’alimentazione».

«La Regione Calabria nel 2023 ha finanziato per oltre 780 mila euro il Piano di attività per l’assistenza ai pazienti affetti da disturbi della nutrizione e dell’alimentazione – viene ricordato –. Il piano, di durata biennale, dovrebbe concludersi al 31 dicembre dell’anno in corso. Vista la complessità e la delicatezza dei problemi affrontati, spesso schiacciati da temi all’apparenza più importanti, è necessario prevedere il rinnovo del Piano e, anche in questo caso, potenziare e rendere pluriennale la dote finanziaria».

«La Regione Lombardia, solo per fare un esempio, ha erogato 6 milioni di euro quando i fondi nazionali sono stati sospesi. Nessuno deve mai dimenticare che stiamo parlando di persone fragili», hanno ricordato ancora, ritenendo «importante chiedere alla classe politica che ci governa il varo del decreto attuativo utile a strutturare il percorso autonomo nei Lea dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione».

«Solo l’applicazione della legge del 2021, infatti – conclude la nota – potrà rendere operativa un’area specifica all’interno dei Lea per i disturbi alimentali e, allo stesso tempo, prevedere un budget specifico che serva a obbligare ogni Regione ad attuare i Livelli essenziali di assistenza per questi disturbi». (rcz)

CHIUDERE LA “STORIA INFINITA” DELLA 106
BISOGNA COMPLETARLA E AMMODERNARLA

di ANGELO SPOSATO, TONINO RUSSO E SANTO BIONDO – Uno dei nodi che blocca lo sviluppo in Calabria è costituito dall’insufficienza delle infrastrutture materiali di cui la strada statale 106 è un esempio eclatante.
Occorre, dunque un’urgente, modernizzazione ed è proprio per questo che rimane il punto fondamentale della nostra vertenza Calabria ed il motivo per cui ci mobilitiamo.
Abbiamo assistito al commissariamento della stessa nella speranza, vana, che potesse servire ad accelerare i tempi.
Abbiamo assistito all’interesse senza alcun dubbio determinante da parte del presidente Occhiuto nel volere inserire tale infrastruttura nell’allegato infrastrutturale al DEF che ha portato ad ottenere nella legge di Bilancio del 2022 un finanziamento di 3 miliardi con il quale sono state finanziate le due tratte Catanzaro Crotone e Sibari Rossano, più un importo pari a 500 milioni che arriva in parte dal fondo di coesione regionale e in parte da quello nazionale.
Sulla gazzetta ufficiale del 29.12.22 è stata pubblicata la legge n.197 nella quale all’ art.1 comma 511 si è disposto il finanziamento di cui sopra con stanziamenti previsti tra il 2023 ed il 2037. Le tratte prioritarie individuate dal commissario sono state la Catanzaro Crotone e la Sibari-Rossano vista anche la presenza di risorse destinate alle opere.
È necessario accelerare rispetto ai tempi di realizzazione dell’opere, per aprire i cantieri fondamentali per garantire il diritto alla mobilità e aprire importanti opportunità occupazionali
Da quanto emerso nell’ultimo incontro con Anas le tempistiche previsti per il finanziamento dei due tratti sono state sensibilmente ridotte, così come i tempi delle procedure autorizzative grazie alla Valutazione di Impatto Ambientale ora in capo alla Regione Calabria.
Per una viabilità moderna e sicura, per togliere tutta la fascia ionica calabrese dall’isolamento, rinvendichiamo il completamento e l’ammodernamento di tutta la S.S.106, che è priorità della Vertenza Calabria sulla quale sono impegnati le Segreterie Nazionali.
L’intera tratta Catanzaro Reggio Calabria è inserita nell’allegato A1.1 di cui all’aggiornamento del Cassa Depositi e Prestiti 16-20 approvato con Delibera N.43 del 27.12.22 a cura del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo.
L’ intervento per complessivi 174 km comprende le seguenti tratte: Catanzaro Roccella Jonica 74 km; Siderno Palizzi 60 km; Bova Reggio 44 km.
Su tutte queste tratte e quindi su tutto l’asse Catanzaro – Reggio Calabria vi è solo lo studio di fattibilità. In fase di avvio il Progetto di fattibilità tecnica economica sulle seguenti tratte: Montepaone Copanello 4 km; Bovalino Gerace 14 km; Capo Pellare Saline 10 km; Saline Marina di San Lorenzo 13 km.
Sullo svincolo di Gerace ” Prolungamento Locri” è stata avviata presso il ministero dell’ambiente la Valutazione di impatto ambientale tutt’ora in corso. Quindi ad eccezione delle 2 tratte già progettate e finanziate, si parla ancora oggi, a distanza di più di 2 anni dalla presentazione degli interventi del commissario straordinario Simonini, di Piano di fattibilità tecnico economica, senza fare cenno alcuno a livelli di progettazione che consentirebbero il finanziamento dei vari lotti.
La mancata progettazione del prolungamento della variante dall’abitato di Palizzi verso Ardore, poi, rappresenta il sintomo evidente di quello che stiamo dicendo. Troncare un’opera viaria così importante appena fuori il centro abitato del piccolo paese dell’Area grecanica è un torto non solo per i reggini ma per tutti i calabresi.
Senza queste risposte concrete, il territorio metropolitano, proprio per mancanza di infrastrutture materiali, non potrà agganciare il treno della ripartenza.
Occorre proseguire l’infrastrutturazione avviata con i lavori del lotto della S.S. 106 Roseto-Sibari a Sud, definendo le procedure autorizzative e bandendo le gare per la realizzazione della tratta Sibari-Rossano, opera fondamentale per connettere un’area dinamica come la Sibaritide e lo Jonio Cosentino, collegando le aree interne della Sila Greca con il completamento della Longobucco-Mare.
La tratta Sibari-Rossano è di circa 30 km e il costo preventivato è di circa 1 miliardo. Nel contempo chiediamo di procedere con la progettazione dell’ammodernamento del tratto a sud, da Corigliano Rossano a Crotone, La tratta considerata Rossano-Crotone è nella quasi totalità ancora quella della prima S.S.106, senza che sia stata realizzata la S.S.106 bis, oggi completamento inglobata nel tessuto urbanistico dei Comuni attraversati.
L’opera in questione riveste particolare importanza per il rilancio dell’aeroporto di Crotone, che amplierebbe il suo bacino di utenza potenziale in misura importante. Nel contempo riteniamo necessario avviare nel più breve tempo possibile i cantieri nel tratto Catanzaro-Crotone, per una lunghezza complessiva di circa 50 km, suddivisi in sei lotti funzionali, di cui uno, quello da Papanice a Crotone risulta già aggiudicato.
Non si può perdere altro tempo, il Governo ha il dovere di garantire ai calabresi strade moderne e soprattutto sicure.
È innegabile che la priorità della Vertenza Calabria sia rappresentata dall’ammodernamento a 4 corsie della famigerata e tristemente nota “strada della morte”.
Continuare a sfuggire da questa realtà significa inevitabilmente assumersi la responsabilità di essere moralmente complici delle tante tragedie già avvenute e di quelle che purtroppo verranno.
Infine occorre precisare che la rivendicazione per la SS106, sia per la realizzazione delle nuove tratte che per l’ammodernamento dell’intero tracciato, rappresenta l’esigenza e la necessità di una adeguata risposta alla mobilità viaria non solo per il versante Ionico ma per l’intera Calabria che, tra l’altro, consentirebbe di contare su una infrastruttura in grado di favorire la competitività territoriale e di conseguenza attrarre e creare sviluppo economico-produttivo, oltre a rispondere alle indifferibili esigenze sociali. (as, tr e sb)
[Angelo Sposato, Tonino Russo e Santo Biondo sono rispettivamente segretari generali di Cgil Calabria, Cisl Calabria e Uil Calabria]