Successo a Cosenza per la tavola rotonda sulle infrastrutture per la Calabria

Ha riscosso successo e grande partecipazione la tavola rotonda su Infrastrutture necessarie per una Calabria in crescita e per uno sviluppo economico ed occupazionale, organizzata dai Rotary Club dell’area cosentina e, precisamente, di Cosenza Telesio, Cosenza Nord, Rende, Presila Cosenza Est, Montalto Uffugo, Mendicino Serre Cosentino e Cosenza Sette Colli.

Nel corso della stessa, inoltre, è stato presentato il libro La Questione Meridionale di Giacomo Francesco Saccomanno.

L’evento, dunque, è stato organizzato per fare il punto della situazione sulle condizioni in cui si trovano oggi, appunto, gli interventi previsti sia dall’Anas che da RFI. Dopo i saluti istituzionali di Eugenio Rogano, del RC di Cosenza Telesio, anche a nome degli altri presidenti, e di Dino De Marco, Governatore Eletto Distretto 2102 del Rotary International, la serata è stata introdotta dal Past District Governor, Francesco Socievole, che ha rimarcato la necessità di evitare campanilisti e di condividere un percorso di importante crescita.

A seguire gli interventi di Giacomo Francesco Saccomanno, che ha puntualizzato che la crescita di un territorio ha necessità di infrastrutture adeguate che potrebbero anche alleviare le negatività di un divario tra nord e sud che da decenni si inquadra nella nota “Questione meridionale”, precisando che la conoscenza oggettiva consente una scelta libera e consapevole, di Francesco Caporaso, responsabile Aree Struttura Territoriale Calabria, che ha evidenziato di quante opere sono in corso e che saranno realizzate nella regione con un piano straordinario decennale, e di Lucio Menta, direttore investimenti Rfi, che ha indicato sia i progetti delle nuove linee ferrate che i cantieri già aperti per l’alta velocità ed i collegamenti tra le varie zone.

Gli interventi di tutti hanno confermato che queste opere sono la conseguenza della realizzazione del ponte sullo Stretto che metterà oltre 6 milioni di residenti in Sicilia in collegamento diretto con il resto dell’Italia. Un’opera straordinaria che favorirà interventi di tale tipo e che consentirà una crescita importante sia sotto l’aspetto economico che occupazionale.

Le conclusioni della Governatrice del Distretto 2102 del Rotary International hanno interessato sia l’attività di informazione dell’associazione che affrontando argomenti di interesse dei territori consente ai cittadini di avere una informazione corretta e sia la rilevanza della realizzazione di strutture fondamentali per lo sviluppo di una comunità. Una opportunità che i cittadini di Cosenza hanno utilizzato con una presenza massiccia che ha riempito la sala.  (rcs)

INFRASTRUTTURE, CALABRIA LA REGIONE
CON PIÙ OPERE STRATEGICHE DA FARE

di ERCOLE INCALZA – Ho fatto un’attenta e capillare analisi su tutti gli interventi di natura infrastrutturale che vanno realizzati nelle varie Regioni del Paese nell’arco del prossimo quinquennio o, al massimo, decennio ed ho trovato che la Regione in cui è previsto il massimo numero di interventi, con la contestuale rilevante esigenza di risorse, è la Regione Calabria.

Vanno, infatti, realizzati i seguenti interventi: Il completamento e la messa in esercizio delle dighe presenti nella Regione (in Calabria ci sono 24 grandi dighe ma alcune non sono completate altre non sono adeguatamente utilizzate); La realizzazione dell’asse ferroviario ad alta velocità – alta capacità Battipaglia – Reggio Calabria; La riqualificazione funzionale dell’asse ferroviario jonico per renderlo omogeneo alla rete nazionale (le caratteristiche attuali sono davvero pessime); La realizzazione del Ponte sullo Stretto; La realizzazione del completamento integrale della strada statale 106 Jonica; La realizzazione di un impianto retroportuale del porto di Gioia Tauro; La realizzazione di un sistema integrato di impianti interportuali con nodi chiave a Corigliano e Castrovillari; La riqualificazione funzionale degli aeroporti e dei relativi accessi di Crotone, Lamezia e Reggio Calabria; La rivisitazione, di intesa con la Regione Basilicata, delle via di accesso e degli impianti interni al Parco nazionale del Pollino.

Di questo rilevante elenco di esigenze allo stato sono disponibili solo le risorse destinate alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, una quota di 2,2 miliardi per un tratto, non in Calabria, della Battipaglia – Reggio (la tratta Battipaglia – Romagnano) e 3 miliardi per un ulteriore tratto della Strada Statale 106 Jonica. Invece, effettuando un’analisi dettagliata delle reali esigenze legate ai nove atti strategici prima riportati scopriamo che il valore globale si attesta su un importo di circa 62 miliardi di euro; occorrono, ripeto, 62 miliardi di euro altrimenti continuiamo ad inseguire disegni teorici che, al massimo, arricchiranno i programmi dell’attuale e delle prossime Legislature. Continueranno questi elenchi a far parte di quegli interventi che assicurano, da sempre, sistematicamente il rispetto teorico (ripeto teorico) della soglia del 30% della quota nazionale da assegnare ad interventi nel Mezzogiorno, (una quota che soprattutto nell’ultimo decennio non ha mai superato il 7% – 8%).

La prossima Legge di Stabilità, a differenza delle precedenti, avrà un arco programmatico non limitato a tre anni ma a cinque anni e, quindi, a mio avviso deve essere leggibile sin dal prossimo anno cosa concretamente sia possibile inserire nel quadro programmatico degli interventi da realizzare in Calabria.

Senza dubbio nel 2025 la Legge non potrà prevedere risorse sostanziali perché, purtroppo, in partenza già appesantita da due voci esose come il mantenimento del cuneo fiscale (15 miliardi di euro) e il contenimento del debito pubblico (12 miliardi di euro); cioè in partenza è una Legge di Stabilità praticamente difficilmente utilizzabile per altre finalità; tuttavia dovremmo poter leggere in tale strumento già tre cose: Quali possano essere le reali assegnazioni alla Regione Calabria per il prossimo quinquennio; Quali quote sia possibile ancora garantire, sempre alla Regione, attraverso l’utilizzo di Fondi comunitari; Quali risorse sia possibile attrarre ricorrendo a forme innovative di Partenariato Pubblico Privato

Il Presidente Occhiuto sin dal suo insediamento ha rivendicato, in modo trasparente, la esigenza di concretezza delle azioni dell’organo centrale nei confronti della Calabria, lo ha fatto confrontandosi sistematicamente con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e con Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, lo ha fatto con l’Anas e con le Ferrovie dello Stato e non posso non riconoscere ad Occhiuto la richiesta formale al Governo di destinare davvero risorse per il Ponte, di destinare davvero risorse per dare continuità alla Strada Statale 106 Jonica, ecc.

Oggi però siamo di fronte ad uno che definisco “anno cerniera” tra un biennio dell’attuale Governo legato al PNRR e che ha lasciato poco alla Regione Calabria ed un prossimo triennio, quello di fine Legislatura, in cui definire, in modo chiaro, un misurabile assetto programmatico.

La Regione Calabria dei nove punti da me riportati in precedenza dispone (almeno lo spero), in modo dettagliato, delle azioni, delle esigenze finanziare e dei empi necessari per dare ad ognuno di loro i crismi della concretezza; in realtà la Regione è in grado di produrre dettagliati Piani Economici Finanziari di ogni intervento utili per poter dare vita a forme di Partenariato Pubblico Privato.

Speriamo che questo “anno cerniera” diventi, lo ripeto fino alla noia, concreto. La Regione Calabria lo merita. (ei)

Romano (Europa Verdi/Verde): Prima del Ponte impegnare risorse per infrastrutturare la Calabria

«Prima di pensare al ponte sullo stretto, bisognerebbe impegnare le risorse per infrastrutturare la nostra regione: l’elettrificazione ferroviaria sullo Ionio è tra le priorità al pari della strada statale 106 moderna e dei collegamenti con le aree e le comunità interne, sempre più isolate». È quanto ha detto Elisa Romano,  dirigente nazionale di Europa Verde-Verdi/Avs, nel corso dell’assemblea programmatica provinciale, nel corso del quale sono stati eletti, a rappresentare i Verdi del capoluogo di regione a Chianciano, Angelina Bruno e Roberto Caligiuri.

«I nostri territori sono ormai abbandonati a loro stessi – ha affermato Roberto Caligiuri nel corso dell’assemblea, affrontando il tema – le strade, ormai, non vedono interventi di manutenzione da anni. Tutto questo provoca carenze nell’erogazione dei servizi sociali e sanitarie nelle aree interne, tanto da costringere la popolazione a pagare per recarsi nei presidi ospedalieri catanzaresi. Addirittura una fetta importante di popolazione ha rinunciato a curarsi, perché spostarsi è diventata un’Odissea».

«Per recarsi in un luogo di cura – sottolinea il referente di Europa Verde-Verdi/Avs di Catanzaro – è necessario prima individuare qualcuno che accompagni, quindi a sborsare del denaro e chi soffre di più sono i soggetti deboli, fragili, gli anziani soli che non riescono a sostenere situazioni del genere».

«Da tempo solleviamo questo tipo di problematiche connesse alla viabilità, settore ormai abbandonato dalla Provincia di Catanzaro, a cui rivolgiamo un appello accorato – ha concluso Caligiuri – affinché si attui quel minimo di manutenzione stradale che consenta di collegare con più facilità le aree interne alla costa». (rcz)

MEZZOGIORNO, SI CAMBIA SE SI REALIZZA
OMOGENEA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE

di ERCOLE INCALZALeggendo il Disegno di Legge di Stabilità 2025 nasce spontaneo un interrogativo: e il Mezzogiorno? Cioè quali siano o quali possano essere le risorse che il Governo intenda assegnare, sotto varie forme (in conto esercizio e in conto capitale) alla infrastrutturazione del Sud?

Io, in modo forse ripetitivo, ricordo sempre che la legge 27 febbraio 2017, n. 18, dispone che la quota delle risorse ordinarie delle spese in conto capitale a favore delle otto regioni del Mezzogiorno non sia inferiore al 34% del totale nazionale.

Quest’ultimo valore non è casuale, in quanto è analogo al peso che la popolazione del Meridione ha sull’intero aggregato nazionale. Inoltre nella legge Finanziaria del 2005, era stato precisato che le Amministrazioni centrali si dovevano conformare all’obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30% della spesa ordinaria in conto capitale.

Ma dal 2018 al 2022, se andiamo a leggere le dichiarazioni di Ministri del Mezzogiorno come Barbara Lezzi o Giuseppe Provenzano o Mara Carfagna e di Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti come Danilo Toninelli o Paola De Micheli o Enrico Giovannini, scopriamo che era davvero scandaloso assegnare solo il 34%; una percentuale ridicola che non avrebbe mai incrinato il gap tra Sud e resto del Paese; almeno bisognava assegnare il 50% e il Ministro Giovannini dichiarò, addirittura, la soglia del 60%.

Appare evidente che allo stato attuale le risorse assegnate per interventi infrastrutturali rilevanti, sì per le cosiddette “opere strategiche”, nel Mezzogiorno dal 2015 ad oggi non superano, come preciserò dopo, il 6,5% del valore globale degli interventi infrastrutturali del Paese.

Ritengo opportuno precisare che in tale analisi non ho ritenuto opportuno inserire le risorse destinate al Ponte sullo Stretto di Messina perché non ho, in tale indagine, inserito gli interventi relativi al nuovo valico Torino – Lione, al Terzo Valico dei Giovi ed al Brennero; infatti ho sempre ritenuto questi quattro interventi come scelte mirate a realizzare i quattro anelli mancanti in grado di integrare il nostro impianto trasportistico con l’intero impianto comunitario.

Per questo motivo le opere infrastrutturali ubicate nel Mezzogiorno per le quali ci sono apposite risorse e sono in corso iniziative progettuali e realizzative sono: Un primo lotto dell’asse ferroviario ad alta velocità – alta capacità Salerno – Reggio Calabria per un importo di circa 2,2 miliardi di euro; il collegamento ad alta velocità – alta capacità Napoli – Bari per un importo di circa 5,8 miliardi di euro; alcuni lotti funzionali degli assi ad alta velocità – alta capacità Palermo – Messina e Messina – Catania per un valore globale di circa 3,8 miliardi di euro; alcuni lotti (uno in costruzione altri in fase di appalto) della Strada Statale 106 Jonica che collega Taranto con Reggio Calabria per un valore globale di 4,3 miliardi di euro; alcuni lotti dell’asse viario Palermo – Agrigento – Caltanissetta per un valore globale di circa 700 milioni di euro; asse ferroviario ad alta velocità Taranto – Potenza – Battipaglia per un valore di circa 500 milioni di euro; reti metropolitane e ferroviarie urbane di Napoli, Palermo e Catania per un valore globale di circa 900 milioni di euro.

Il valore globale di queste assegnazioni si attesta su un valore di 18,2 miliardi di euro e tutte sono opere previste nel Programma delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo, opere che fino al 2022, escluso l’asse ad alta velocità Napoli – Bari, erano praticamente rimaste bloccate per scelta dei Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2 e Draghi.

Il valore del Programma della Legge Obiettivo era pari a circa 277 miliardi di euro (valore questo che non tiene conto, come detto prima, del valore dei valichi e del Ponte sullo Stretto) per cui i 18,3 miliardi di euro rappresentano appena il 6,5%.

Ma questa mia denuncia è davvero ridicola perché basata sulla logica delle risorse assegnate al Sud, una logica che, purtroppo, dopo molto tempo, ho capito che è solo un atto mediatico utile per testimoniare la esistenza di una volontà che si è trasformata in atti concreti solo con la Legge Obiettivo, dopo, invece, è rimasta solo una dichiarazione di buone intenzioni.

Pochi mesi fa ho fatto presente, in alcune mie note, che forse l’attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) possono essere invece una prima misurabile occasione per uscire da questo equivoco e, soprattutto, un simile approccio ci farebbe scoprire che sarebbe necessario disporre per azioni infrastrutturali e servizi al Sud pari ad un valore di circa 14 miliardi di euro all’anno per un arco temporale di almeno dieci anni.

In realtà, quindi, la misura di un vero cambiamento dell’azione del Governo nei confronti del Mezzogiorno non dovremmo più misurarla solo con queste percentuali inutili sul valore globale degli investimenti ma dovremmo convincerci, una volta per tutte, che l’unico modo per tentare di abbattere il gap del Sud nei confronti del Centro Nord, l’unico modo per evitare che il reddito pro capite medio si attesti sempre su un valore di 21 mila euro contro i 40 mila del Nord, l’unico modo per riconoscere al Mezzogiorno il suo ruolo chiave nel contesto nazionale e comunitario, l’unico modo per non rimanere, all’interno della Unione Europea, insieme alla Germania dell’Est la realtà economica incapace di crescere, l’unico modo è solo legato ad una azione organica nella omogenizzazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni.

Una azione che deve essere caratterizzata da iniziative non solo infrastrutturali ma anche in interventi capillari sulla miriade di servizi offerti: da quelli sul trasporto pubblico locale a quelli relativi alla offerta dei servizi sanitari e scolastici, ecc.

Ed allora, non avendo trovato risorse in conto capitale nel Disegno di Legge di Stabilità 2025 ho cercato quante risorse fossero state previste per l’attuazione dei Lep e non ho trovato alcuna risorsa e questa dimenticanza mi ha davvero preoccupato.

Addirittura ho pensato che il Governo speri, il prossimo 12 novembre, in una bocciatura, da parte della Consulta, della Legge n.86 del 26 giugno 2024 relativa all’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma della Costituzione, (cosa poi accaduta).

Sì è l’unico modo per evitare che una norma aggravi ulteriormente le sorti del Sud soprattutto perché, non disponendo il Governo di risorse, provocherebbe solo un rischioso conflitto non solo tra le Regioni del Sud e quelle del resto del Paese ma, addirittura, tra le stesse Regioni del Mezzogiorno. Mi spiace ma questo è uno dei primi passi falsi dell’attuale Governo. (ei)

SOLO IL PONTE NON BASTA AL SUD: SENZA
LE ALTRE OPERE NON SERVE A NULLA

di PIETRO MASSIMO BUSETTA Qualcuno ancora pensa che il ponte sullo stretto di Messina serva a far incontrare più facilmente il ragazzo di Reggio Calabria con la sua fidanzatina siciliana. E, quindi, non valga la pena spendere tante risorse pubbliche per una opera certamente immaginifica  ma che non vale la pena realizzare.

E che non sia utile neanche per collegare i quasi cinque milioni di abitanti siciliani con il resto del Paese, perché hanno un reddito pro capite che è un terzo di quello dei trentini e quindi un Pil complessivo tale da non giustificare investimenti così importanti. 

Il ragionamento parte da un assunto che le infrastrutture debbano seguire i traffici e non il contrario. E cioè che realizzi la quarta corsia di autostrada quando le altre tre sono intasate. 

Ma vi è un altro approccio che sostiene che non può esserci adeguato sviluppo di un territorio se non è adeguatamente strutturato. Infatti l’autostrada del sole, così come l’alta velocità ferroviaria, hanno consentito uno sviluppo accelerato. Con un unico limite che sono state realizzate fino a Napoli, lasciando lo stivale affondare nel suo isolamento.  

Ma anche se i cinque milioni di abitanti residenti nella regione più grande d’Italia non giustificassero un collegamento stabile vi è un’altra motivazione ancora più importante che taglia la testa al toro delle ragioni contrarie a tale Investimento. E cioè che in realtà il ponte non collega Messina a Reggio Calabria ma Hong Kong, Singapore a Berlino. 

Proprio così parliamo di attrarre quei traffici che oggi, malauguratamente, passano davanti ad Augusta sulle grandi navi maxi portacointainers per percorrere migliaia di miglia in più, inquinando pesantemente il Mediterraneo e l’Atlantico, per arrivare ai porti del Nord: Rotterdam Anversa, Amburgo, lasciando Augusta e i porti del Sud in una inedia colpevole. 

Senza considerare il fatto che le merci arrivano spesso come semilavorati e che quindi hanno bisogno di aree retroportuali importanti per procedere ad assemblaggi e completamenti di  manifattura con esigenze di manodopera rilevanti. E quindi l’interesse per l’Italia di convogliare tali traffici è talmente importante da essere considerata  Ineludibile. 

Ma ovviamente non basta il ponte, bisogna che il collegamento ferroviario tra Augusta/ Gioia Tauro  e Centro  Europa diventi ad alta capacità ferroviaria per consentire di arrivare nei mercati della Mittel Europa a costi molto contenuti e in tempi molto compatti.  E che finalmente il nostro Paese capisca che la concorrenza a Rotterdam non può farla né Genova né Trieste, ma che é utile che vengano messi a regime  i porti meridionali, gli unici che presentano vantaggi importanti, anche di consentire con la loro vicinanza a Suez la diminuzione di CO2 e che diventeranno sempre più importanti per la transizione energetica, se saranno utilizzati adeguatamente.  

In questa logica prevedere un investimento importante nella alta capacità/velocità ferroviaria non è più uno spreco anzi non realizzare tali progetti  significa lasciare il Paese marginale rispetto a una Europa che sta cercando di collegare tutte le realtà periferiche. Un esempio virtuoso è il collegamento Copenaghen Malmö, che ha valorizzato enormemente l’aeroporto della città della Sirenetta, che adesso serve  tutta la parte sud della Svezia. 

Cosa che accadrà anche a quello di Reggio Calabria, che potrà servire tutta l’aerea del messinese, compreso l’arcipelago delle Eolie. Certo è difficile per un Paese che ha utilizzato tutte le sue risorse destinate alle infrastrutture, investendole nella parte Nord Centro, cambiare registro e condividere con il Sud le risorse necessarie, ma non è una opzione ma l’unica possibilità per far crescere in modo consistente il Paese intero.   

La ritrovata centralità del Mediterraneo, dovuta alla chiusura dei rapporti con la Federazione Russa e al conseguente blocco dei rifornimenti da quel grande continente euroasiatico, dovrebbe far capire a molti che quello di infrastrutturare adeguatamente il Sud e farne un ponte verso  l’Africa, dalla quale dista poco più di 100 km, è una strada obbligata, non solo, ma l’unica percorribile se l’Italia non vuole essere bypassata e superata da Grecia, che sta potenziando anche con l’aiuto dei cinesi il suo porto del Pireo, e Spagna che è  a pochi chilometri dal Marocco da quel grande hub  Mediterraneo che è diventato Tangeri med, un porto che si trova a 14 chilometri, in una posizione strategica sulla via di passaggio tra Africa, Europa, Asia, Nord e Sud America, che racchiude una  zona franca di attività industriali e logistiche. 

Tra l’altro, mentre gli altri realizzano, noi stiamo ancora a progettare, tra dibattiti inutili che forze più attente alla loro sopravvivenza politica  che al bene del Paese continuano strumentalmente a fomentare e decisioni drammatiche, come quella della rinuncia al nucleare, che ci hanno penalizzato e continuano a incidere sul costo delle nostre esportazioni considerato che i nostri competitor hanno l’energia a prezzi più contenuti.

É tempo di diventare adulti e pragmatici, ma forse siamo sulla strada giusta. (pmb)

[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]

 

Garofalo (Centro Studi G. La Pira): Il sen. Rapani chieda sforzo maggiore a Regione su collegamento Freccia

Francesco Garofalo, presidente del Centro Studi “Giorgio La Pira” di Cassano All’Ionio, ha commentato la proposta del senatore Ernesto Rapani per il miglioramento dei collegamenti verso il Nord, in cui «propone alla Regione Calabria di sollecitare l’istituzione di un raccordo Frecciarossa Sibari Milano, facendo arretrare il treno che parte alle 6.38 da Metaponto e raggiunge il capoluogo lombardo alle ore 14.50».

«Mi rendo conto, che è più facile chiedere l’arretramento di un treno già in esercizio. In questi giorni, mi sto battendo per l’istituzione di un Frecciarossa Sibari – Paola – Salerno – Napoli – Roma – Firenze – Bologna – Milano. Questo nuovo collegamento – ha spiegato Garofalo – richiederebbe uno sforzo finanziario da parte della Regione Calabria. Ma questi costi, sarebbero compensati dal fatto che da Sibari collegandoci con Milano, avremmo due corse in orari diversi per Salerno, Napoli, Roma, Firenze e Bologna. Il collegamento Via Metaponto, indubbiamente collegherebbe Sibari con Milano, ma per Salerno, Napoli etc, si registrerebbe una sovrapposizione di orari in mattinata con il Sibari Bolzano».

«Inviterei l’amico Rapani – ha concluso – che ringrazio per l’attenzione mostrata, a valutare l’opportunità di migliorare la sua proposta, chiedendo uno sforzo maggiore alla Regione Calabria». (rcs)

CHIAMATELA «CALABRIE», NON CALABRIA:
LA NOSTRA REGIONE È “SPACCATA” IN DUE

di DOMENICO MAZZA – Un tempo, l’attuale territorio calabrese era conosciuto con l’appellativo di Calabrie. L’accezione si riferiva alla classificazione Citra e Ultra che porzionava i confini regionali in un contesto del nord e un’area centro-meridionale. Gli alvei dei fiumi Neto e Savuto rappresentavano il confine tra i due ambiti territoriali. Successivamente, l’area Ultra fu ripartita tra Ultra 1 e Ultra 2 e nel 1970, infine, la Calabria venne riconosciuta come Ente amministrativo unico. Tuttavia, per l’estrema punta dello stivale, il decorso dell’ultimo cinquantennio non può certo definirsi omogeneo.

L’acuirsi della fenomenologia centralista, infatti, ha marchiato sempre più una terra caratterizzata da un’iniqua spartizione del potere politico tra i tre Capoluoghi storici: Cosenza, Catanzaro e Reggio. A ben poco valse l’istituzione di due nuove Province che nei primi anni ’90 furono staccate dall’ambito madre di Catanzaro. L’impercettibilità territoriale e la succinta dimensione demografica non hanno consentito la piena espressione politica dei due gemmati contesti. Quindi, le scelte programmatiche, susseguitesi negli anni (Pacchetto Colombo, Legge Obiettivo, Pnrr, ecc.), hanno favorito il contesto di ponente a scapito di quello di levante. Il Tirreno e la dorsale valliva, negli anni, hanno visto la fioritura di un tessuto infrastrutturale di tutto rispetto (ferrovia doppio binario, autostrada, università, aeroporti di Lamezia e Reggio, porto di Gioia Tauro).

A est, invece, ancora oggi, si viaggia lungo l’unica arteria stradale nota alla cronaca per essere un olocausto di Stato: la tristemente nota SS106. La mobilità ferroviaria, inoltre, si declina lungo un asse monobinario e per buona parte non elettrificato. Sul pianoro di Sant’Anna, esiste anche uno scalo aeroportuale che resta, però, puntualmente fuori da ogni tipologia di investimento e, a oggi, risulta ancora irraggiungibile al suo naturale alveo di riferimento: l’Arco Jonico. La conta delle infrastrutture joniche, si completa con i porti di Crotone e Corigliano-Rossano. Entrambi, purtroppo, innaturalmente legati all’Autorità di Bacino di Gioia Tauro e sconnessi dalla rete ferroviaria, risultano estranei ad un reticolo infrastrutturale che ne declini la piena funzionalità.

Chiaramente, un’impostazione così marcatamente iniqua dal punto di vista della mobilità e dei servizi ha favorito lo sviluppo di economie diverse tra l’est e l’ovest della Regione. Mentre sugli ambiti vallivo-tirrenici si è sviluppato lavoro legato all’indotto dello Stato e al terziario, lungo l’Arco Jonico il settore primario e, per un certo periodo, quello secondario, hanno rappresentato l’indotto prevalente.

Squilibri strutturali e processi diseconomici marcano le differenze tra est e ovest della Regione

Oggi, la condizione jonica si è ulteriormente aggravata. L’agricoltura, rimasta ancorata alle sole produzioni e commercializzazioni senza il necessario processo di lavorazione dei prodotti, sta iniziando a dare concreti segnali di cedimento del sistema. Il poco lavoro a disposizione si manifesta sempre più a carattere stagionale e non offre prospettive interessanti ai giovani del territorio. L’industria, invece, con la chiusura degli opifici crotonesi e la più recente dismissione della ex centrale Enel a Corigliano-Rossano, rappresenta sempre più un vago ricordo. A fianco la triste descrizione su riportata, poi, la costante spoliazione dei servizi e delle ramificazioni periferiche dello Stato, centralizzate nei Capoluoghi storici e in quelle località da sempre in simbiotico rapporto con i primi (Castrovillari, Lamezia), ha portato le aree della Sibaritide e del Crotonese a essere sempre più lande desolate e depresse.

Nel Crotonese, ancora, le recenti scelte operate in tema di bonifica ambientale hanno disatteso le aspettative della Comunità locale. Le modifiche attuate al Paur (Procedimento Autorizzatorio Unico Regionale) hanno acuito il senso di abbandono del territorio da parte delle Istituzioni.

In area sibarita, invece, la mancata attuazione degli investimenti per il rilancio dell’ex sito Enel e l’abbandono della prospettata pianificazione industriale di BH nel porto, hanno delineato un futuro sempre più fosco per Corigliano-Rossano e le contermini Comunità.

Politiche infrastrutturali ossequiose solo ai dettami centralisti 

Scelleratamente inique le scelte operate negli anni in campo infrastrutturale. Ancora oggi, d’altronde, non si mettono in campo politiche finalizzate a colmare il gap tra Jonio e Tirreno. Il tracciato della nuova linea AV, all’indomani del probabile abbandono del nodo di Tarsia, sembra essere soltanto un affare tirrenico. La mobilità su gomma, invece, nei brevi segmenti in cui si prevede l’upgrade a 4 corsie della jonica, predilige percorsi centrifughi da KR a CZ e da Corigliano-Rossano verso Sibari. I 100km che distanziano Crotone da Corigliano-Rossano sono sempre più abbandonati a loro stessi e privi di una pianificazione progettuale che consenta di immaginare un ammodernamento funzionale del tracciato.

Il corridoio merci Gioia Tauro-Bari è stato instradato sulla direttrice Lamezia-Paola-Sibari, lasciando i porti di Corigliano-Rossano e Crotone fuori dal percorso. Infine, i lavori di elettrificazione della ferrovia jonica, ormai ciclicamente rimandati alle calende greche, probabilmente verranno terminati quando ormai il treno non rappresenterà più un mezzo di trasporto per Paesi emancipati. Insomma, lungo l’area jonica, decenni di inefficienza politica sono riusciti a dilatare i tempi di percorrenza tra territori che neppure la geografia aveva inquadrato come distanti.

Necessario individuare processi di governance regionali che appianino le disomogeneità territoriali 

Il sistema politico locale dell’ultimo cinquantennio non ha saputo rispondere alle sciagurate azioni di matrice centralista attuate a scapito degli ambiti jonici. È, altresì, risultato inidoneo a intravedere il plumbeo futuro che si sta prospettando per i contesti sibariti e crotoniati, salvo poi stracciarsi le vesti a misfatto attuato, inveendo contro altri e mai con il proprio pressapochismo. Se davvero vogliamo cambiare la narrazione che, insindacabilmente, connota l’Arco Jonico come l’Altra Calabria, bisognerà declinare un nuovo paradigma che concorra a cambiare l’approccio prospettico di un territorio dalle innate potenzialità, ma spesso dimenticato. Non una Regione delle tre macroprovince di emanazione Sabauda, ma l’inedita Calabria che non guarda indietro e si slancia verso le sue periferie, recuperandone protagonismo ed inespresse potenzialità.

L’idea di un nuovo ambito d’area vasta lungo il perimetro della Sibaritide e del Crotoniate potrebbe concorrere sinergicamente ad un rinnovato approccio di governance regionale. Chiaramente, un’operazione di tale levatura non può essere confusa o assimilata a effimeri tentativi di distacco amministrativo nella sola area della Provincia cosentina. Decenni di cristallizzate geometrie centraliste, non si demoliscono con il semplice scorporo di una porzione territoriale (la Sibaritide) che rappresenta meno di 1/3 dell’intera demografia cosentina. Le piccole Province hanno dimostrato tutti i loro limiti e non solo in terra di Calabria.

Creare un ambito forte, politicamente ancor prima che amministrativamente, lungo il Marchesato crotonese e la Piana di Sibari serve alla Calabria, ancor prima che allo Jonio. Il Crotonese e la Sibaritide dovranno candidarsi a essere il nuovo asse di sviluppo poliedrico della Regione. Il richiamato asse dovrà fondarsi sulla bonifica e rilancio produttivo del sito Sin (Crotone-Cassano-Cerchiara) e dell’ex stabilimento Enel a Corigliano-Rossano che, insieme alla Zes, dovranno rilanciare la piattaforma logistica e intermodale dei porti jonici sul Mediterraneo orientale. La descritta operazione dovrà essere eseguita senza macchiarsi di sterili e improduttivi campanilismi, ma con spirito di solidarietà e di coesione territoriale.

Il rilancio dei territori non può esulare da una nuova visione infrastrutturale 

Bisognerà, altresì, intessere strategie volte al miglioramento dei livelli essenziali delle prestazioni che, indissolubilmente, viaggiano in parallelo con la crescita infrastrutturale omogenea di ogni singolo angolo del territorio. Continuare a guardare con visioni miopi e deviate, focalizzate sempre e solo alla crescita di un versante a scapito dell’altro, non condurrà questa Regione ad uscire dal pantano in cui versa. Sarà necessaria un’iniezione di massiccia fiducia che non potrà essere soddisfatta con qualche specchietto per le allodole. Di rotonde, guardrail, plinti metallici arrugginiti che sostituiscono alberi come posa per volatili, porti ridotti a bagnarole e scali aerei non messi in condizione di esprimere le proprie potenzialità, lo Jonio non sa che farsene. Così come, di ospedali resi sempre più scatole vuote, dove, in alcuni casi, restano solo cartelli consumati dal tempo a indicarne la destinazione d’uso.

Avviare attività di programmazione interdisciplinari e territoriali

Particolare attenzione andrà destinata alla programmazione. Quest’ultima, invero, non dovrà più essere frutto delle progettualità dei singoli Comuni, ma basarsi su fondamenti interdisciplinari e territoriali.

Serve un sussulto! Se vogliamo che questa Regione, e soprattutto l’estrema area di levante, non perseveri nel far scappare le menti che sforna, bisognerà darsi da fare. Soprattutto, sarà necessario avviare azioni straordinarie concorrenti a rompere l’immobilismo programmatico e la nullità delle attuali strategie di sviluppo. (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

Ferrante (Mit): Obiettivo del Governo è colmare gap tra Nord e Sud

Tullio Ferrante, sottosegretario al Mit, in una intervista a Il Riformista, ha ribadito come «lo sviluppo infrastrutturale rappresenta una leva fondamentale per la crescita del Paese, per questo il Governo sta realizzando investimenti massicci con l’obiettivo di colmare il gap tra Nord e Sud».

«Le nuove linee alta velocità/alta capacità Salerno – Reggio Calabria e Napoli – Bari – ha spiegato – sono due opere strategiche non solo per il Sud, ma per l’Italia tutta. Siamo al lavoro per accelerare gli interventi sulla Napoli – Bari, cerniera tra i due versanti della nostra penisola e hub verso i bacini industriali europei».
«Procedono spediti, anche – ha aggiunto – i lavori della Salerno – Reggio Calabria, un’opera che incrementerà l’accesso all’alta velocità nei territori interni, sarà funzionale alla realizzazione del Ponte sullo Stretto e potenzierà l’itinerario merci lungo il corridoio adriatico».
«A fronte di 12 miliardi di costi – ha detto ancora – l’impatto del Ponte sull’economia è stimato in 20 miliardi ma ci saranno anche benefici sul piano ambientale, trasportistico e occupazionale, con oltre 100.000 nuovi posti di lavoro. Il Ponte è una priorità del Paese: è un’opera che non collegherà la Calabria alla Sicilia ma l’Italia all’Europa, che infatti sta investendo nell’infrastruttura considerandola di importanza strategica».
«Sono orgoglioso di poter rivendicare che il progetto del Ponte si basa su quello elaborato con il Governo Beriusconi – ha evidenziato – è il frutto della lungimiranza politica del nostro Presidente e il simbolo di un Paese moderno, dall’elevata competenza ingegneristica, che pensa in grande. Ora l’obiettivo è quello di arrivare a fine anno con l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipess, consentendo, così, l’avvio della fase realizzativa con la prima pietra da posare ad inizio 2025».
«La stagione della politica del ‘No’ è finita – ha concluso –, il Paese esce dal benaltrismo infrastrutturale, che spesso fa rima con immobilismo, e guarda finalmente al futuro». (rrm)

MEZZOGIORNO E SVILUPPO: L’ESECUTIVO
DEVE RIPARTIRE DALLE INFRASTRUTTURE

di ERCOLE INCALZA – Inizia una fase non facile per il Governo, una fase che, al tempo stesso, è davvero critica anche per le forze di opposizione. Infatti l’attuale Governo ha cercato di attuare una serie di scelte mirate a superare la serie di errori commessi durante la passata Legislatura.

Vorrei ricordare, solo per evitare che la nostra memoria storica corta annulli la incidenza negativa sull’assetto socio economico del Paese, alcuni errori fondamentali commessi dai Governi Conte 1, Conte 2 e Draghi e alcune azioni effettuate nei primi due anni dall’attuale Governo che hanno ridotto, almeno nel comparto delle infrastrutture, la dimensione del danno stesso.

Il Pnrr si avviava ormai ad essere un misurabile fallimento; con la operazione avviata dal Ministro Fitto di rivisitazione di alcune scelte e di approccio organico sia alle opere inserite nel Pnrr che di quelle allocate nel Fondo di Coesione e Sviluppo e nel Repower, si è riusciti ad evitare un vero fallimento irreversibile dell’intero Pnrr e, al tempo stesso a rivedere integralmente le metodologie utilizzate nell’utilizzo dei Fondi comunitari

Le Zone Economiche Speciali (Zes) erano otto, erano state avviate con Decreto Legge n.91 del 2017, con una copertura davvero ridicola di circa 600 milioni di euro e, dopo sei anni, si era riusciti ad attivare, in termini di spesa reale, un importo inferiore ai 50 milioni di euro. La cosa davvero assurda era la limitata copertura finanziaria e l’assenza di un processo organico nell’intero territorio meridionale.

I Commissari nominati per dare attuazione ad un simile impianto programmatico avevano svolto un lavoro encomiabile ma, ripeto, il limite delle risorse e l’approccio frantumato in otto distinti ambiti territoriali e non all’intero assetto del Mezzogiorno, avevano, praticamente, compromesso la intera iniziativa. Il Governo attuale ha istituito una Zes Unica, cioè finalizzata all’intero Mezzogiorno, ed ha reso disponibile una quantità di risorse pari a 3.270 milioni di euro

Molti dimenticano che durante il Governo Conte 2 c’era stato un lungo seminario a cui avevano partecipato quasi tutti i Ministri del Governo ed una serie di economisti e di alti manager del mondo produttivo del Paese. Il seminario era stato coordinato da Vittorio Colao dirigente d’azienda (aveva guidato Vodafone e Rcs Media Group, prima di passare a Verizon) ed il lavoro che aveva portato al seminario era stato commissionato nell’aprile de 2020 dal Governo Conte 2. In realtà Colao doveva guidare “la task force della cosiddetta “Fase 2” per la ricostruzione economica del Paese”.

Il seminario in realtà definì le scelte essenziali per il rilancio del Paese e nel comparto delle infrastrutture strategiche fu indicato anche il collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Dopo tale evento, sia con il Governo Conte 2 che poi con il Governo Draghi, fu istituita una apposita Commissione che esaminò le possibili proposte tecniche per la realizzazione del ponte sullo Stretto. Tutti questi approfondimenti avvenivano mentre contestualmente rimanevano bloccate le riserve sollevate dal General Contractor Eurolink che aveva vinto la gara internazionale per la realizzazione dell’opera e che, su decisone del Governo del 2011, si era deciso di bloccare.

In realtà fino all’insediamento dell’attuale Governo, preciso pur convinti di affrontare e risolvere il tema della continuità territoriale da parte degli attuali oppositori (cioè Patito Democratico e Movimento 5 Stelle) tutto era rimasto praticamente fermo alla logica dell’approfondimento. L’attuale Governo ha deciso, sin dalla Legge di Stabilità del 2023, di riattivare l’intero impianto progettuale e realizzativo dell’opera ottenendo contestualmente con un Decreto Legge del 2023 il ritiro delle riserve (stimate in oltre 700 milioni di euro) da parte del General Contractor Eurolink

L’approccio dei Governi della passata Legislatura all’aggiornamento delle Reti Ten – T non possiamo definirlo positivo; si è solo cercato di seguire gli indirizzi della Unione Europea non rivestendo, come in passato, un ruolo chiave nella stesura di un impianto strategico che coinvolgesse l’intero impianto comunitario; ricordo che in passato il nostro Paese era riuscito ad ottenere l’inserimento del Paese su 4 dei 9 Corridoi strategici che rappresentano la griglia infrastrutturale della intera Unione Europea. Il Governo attuale, prima della conclusione della fase di aggiornamento delle Reti Ten – T è riuscito ad ottenere il prolungamento del Corridoio Baltico – Adriatico fino alla Regione Puglia (prima si fermava a Ravenna), la conferma della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina ed una implementazione del budget del programma delle Reti Ten – T

Il Governo attuale, dopo dieci anni di stasi nella realizzazione di opere essenziali è riuscito a far partire, solo a titolo di esempio, opere come gli assi ferroviari ad alta velocità – alta capacità Salerno – Reggio Calabria, Palermo – Catania e Catania – Messina e l’asse stradale 106 Jonica nel Mezzogiorno del Paese o come gli interventi ferroviari del nodo di Firenze, del Terzo Valico dei Giovi e della Linea metropolitana C di Roma.

In questi due anni, invece, la opposizione ha svolto solo un ruolo di routine, cercando sempre di attaccare il Governo su argomentazioni banali ma mai riuscendo ad incrinare, almeno per il comparto delle infrastrutture, le scelte compiute in questi due anni.

Per cui siamo ormai, come dicevo prima, all’avvio di una fase che trova il suo inizio proprio con la stesura della NADEF e del Disegno Legge di Stabilità; tali strumenti, infatti, in un certo senso, disegnano il quadro strategico dei prossimi ultimi tre anni della attuale Legislatura e con tali provvedimenti prende corpo un non facile rapporto tra maggioranza ed opposizione. In realtà da un lato l’attuale Governo deve cercare in tutti i modi di mantenere, nei prossimi tre anni, una capacità programmatica e strategica almeno analoga a quella vissuta in questo primo biennio, mentre, dall’altro, la opposizione non credo possa continuare a fare una politica banale priva di linee antitetiche o di impianti strategici alternativi, perché tutto rimarrebbe sempre un comportamento inconcludente e difficilmente vincente alla scadenza della Legislatura.

Sembra strano ma tutto questo non facile ed articolato confronto – scontro dipende proprio dalle attività che il Governo e le opposizioni svolgeranno in questi giorni in cui prenderà corpo sia la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef) sia il Disegno di Legge di Stabilità. (ei)

Infrastrutture, Ferrante (Mit): Da Conferenza Stato-Regioni ok a 140 mln in più per il Sud

«La Conferenza Stato – Regioni ha dato parere favorevole all’incremento del Programma di Azione e Coesione complementare al Pon Infrastrutture e reti 2014-2020 gestito dal Mit, rendendo così disponibili ulteriori 140 milioni di euro per il completamento degli interventi infrastrutturali nel Mezzogiorno che non sono stati completati entro il 31 dicembre 2023». È quanto ha reso noto il Sottosegretario al Mit, Tullio Ferrante, spiegando come «sarà, quindi, possibile ultimare le opere già incluse nel parco progetti del Pon che avevano registrato ritardi attuativi a causa delle ricadute negative del contesto post pandemico e degli effetti del conflitto russo-ucraino».

«In particolare – ha spiegato – 120 milioni sono destinati al completamento degli interventi riguardanti la digitalizzazione delle reti idriche per la riduzione delle perdite in Basilicata, Campania e Sicilia e altri 19,92 milioni alle infrastrutture di collegamento dei porti di Gioia Tauro, Messina e Bari».

«Grazie all’incremento dei fondi – ha concluso – nelle Regioni del Sud si potranno portare a termine progetti strategici, capaci di incrementare la competitività, rafforzare la coesione economica e sociale e modernizzare le infrastrutture al servizio dei cittadini e del tessuto produttivo». (rrm)