di ORLANDINO GRECO Il vertice che si è svolto il 20 marzo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con il Ministro Salvini, il Presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, l’AD di Anas, Andrea Gemme, e il nuovo commissario straordinario per la riqualificazione della Strada Statale 106 Jonica, Francesco Caporaso, segna un passo decisivo verso la realizzazione di opere fondamentali per il nostro territorio.
INFRASTRUTTURE, AL SUD VINCOLATO IL
40% DEGLI INVESTIMENTI DEI FONDI PNRR
di ERCOLE INCALZA – Il Ministro Tommaso Foti lo scorso 7 gennaio ha dichiarato che «la spesa effettiva dei fondi Pnrr si attesta a circa 60 miliardi di euro di cui 22 miliardi nel 2024. Il 50% delle risorse spese rientra tra quelle a fondo perduto e i pagamenti effettivi sono superiori del 10 – 12% rispetto a quelli rilevati ufficialmente».
Appare evidente che, per centrare l’obiettivo di una piena attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), bisognerebbe spendere oltre 130 miliardi di euro in 18 mesi.
Questo ultimo dato dimostra che siamo già oggi di fronte alla constatazione che è impossibile rispettare la scadenza imposta dalla Unione Europea e, sempre il Ministro Tommaso Foti, di fronte a questa constatazione ha precisato: «Non dobbiamo avere l’incubo di spendere a tutti i costi perché vorrebbe dire spendere male. Se una quota non riesce ad essere spesa perché le misure non sono attrattive, dopo che le abbiamo cambiate, ben venga il prendere atto che ci sono misure che non hanno mercato».
Sulla base di questa obbligata constatazione il Ministro Foti ha anticipato che, entro il mese di febbraio, il Governo varerà un Piano in cui non compariranno più gli interventi irrealizzabili entro i prossimi sedici mesi e saranno inserite opere potenzialmente realizzabili entro la scadenza del giugno 2026.
In questa operazione, ha precisato sempre il Ministro Foti: «sarà inserito il vincolo di destinare almeno il 40% degli investimenti nel Mezzogiorno, anche perché il Mezzogiorno ha dimostrato di utilizzare al meglio i fondi e di farne volano per una crescita che, sempre nel 2024, è stata superiore a quella del Nord».
È quindi in corso, nei vari organismi preposti alla attuazione delle opere, nei vari organismi responsabili della progettazione e della realizzazione degli interventi, un lavoro capillare mirato a cercare da un lato possibili ulteriori modalità per velocizzare l’avanzamento delle attività e dall’altro identificare l’inserimento di interventi sostitutivi in grado di essere portati a termine entro il mese di giugno del 2026.
Senza dubbio questo si configura come un lavoro obbligato e, al tempo stesso, senza dubbio, tutto questo rappresenta un ultimo tentativo per evitare un vero e pesante fallimento nell’attuazione del Pnrr; un fallimento che l’ex Ministro Fitto aveva già cercato, riuscendoci, di ridimensionare trasferendo già molti interventi all’interno del Fondo Sviluppo e Coesione 2021 – 2027.
In altre mie note ho ricordato le grandi responsabilità dei Governi Conte 1, Conte 2 e dello stesso Governo Draghi nell’aver sottovalutato l’obbligato rispetto della “spesa” entro il mese di giugno del 2026 ed in particolare l’aver perso praticamente un biennio nella identificazione delle opere e nell’avvio concreto delle procedure di gara.
Oggi, quindi, non possiamo più rinviare questa triste fase di ammissione della impossibilità di attuare il Pnrr e, come ribadisco da almeno due anni, riconoscere che la possibilità della spesa non potrà attestarsi su un valore superiore alla soglia di 80 – 90 miliardi di euro.
Sempre in alcune mie considerazioni avanzate poche settimane fa ho precisato che dovremmo trovare delle soluzioni per evitare non solo di perdere circa ulteriori 120 miliardi ma di dover subire anche delle penalty.
Avevo anche ribadito che la corsa a cambiare il Piano attraverso l’inserimento di nuove opere e l’annullamento di altre ormai non più difendibili, sia una soluzione rischiosa anche perché l’annullamento di alcune opere scatenerebbe gli Enti locali (Regioni e Comuni), scatenerebbe alcune grandi Aziende come il Gruppo delle Ferrovie dello Stato, darebbe origine ad un vero contenzioso da parte del mondo delle costruzioni.
L’unica soluzione, o meglio, l’unico compromesso penso potrebbe essere quello di trasformare la quota a fondo perduto pari globalmente a circa 68 miliardi (di cui finora utilizzati circa 30 miliardi e per la data del 30 giugno 2026 spendibili fino ad una quota di 45 miliardi) in prestito (cioè dovremo trasformare in prestito un importo di circa 23 miliardi di euro) e incrementare gli interessi anche della quota in prestito restante e quindi dovremo definire con la Unione Europea un accordo attraverso il quale il nostro Paese dovrà dal 2027 in poi onorare un prestito globale di circa 118 miliardi di euro (23 miliardi di euro + 95 miliardi di euro).
Senza dubbio questa proposta trova un supporto adeguato nella serie di cambiamenti, nella gestione del nostro Paese, vissuti dal 2020 ad oggi; in soli quattro anni si sono alternati tre distinti schieramenti il primo con il Governo Conte appoggiato essenzialmente dal Partito Democratico e da 5 Stelle, il secondo con il Governo Draghi con la presenza di tutti gli schieramenti politici escluso quello di Fratelli d’Italia e dalla fine del 2022 ad oggi una compagine solida formata da Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Noi moderati.
La instabilità dei Governi Conte 2 e Draghi ha inciso in modo rilevante sulla concreta attuazione delle scelte del Pnrr e questo penso possa essere una valida motivazione per supportare la proposta di rivisitazione avanzata non delle opere ma delle modalità di uso delle risorse.
La ipotesi avanzata dal Ministro Foti invece genera automaticamente, come detto prima, uno scontro con gli Enti locali, con le grandi Aziende come Ferrovie dello Stato ed Anas, una vera presa di posizione non solo degli schieramenti politici oggi alla opposizione ma anche di quelli che appoggiano il Governo.
Insisto, quindi, nel ribadire la opportunità di verificare attentamente la mia ipotesi di lavoro perché quanto meno evita: una riapertura procedurale delle istruttorie sulle nuove opere; un contenzioso tra le opere già assegnate anche attraverso l’attestato di “opera giuridicamente vincolante” (OGV); l’impossibilità di identificare in appena 20 mesi interventi capaci di essere portati a compimento entro il 30 giugno 2026
Una grave penalizzazione, soprattutto per il Mezzogiorno, in quanto le opere avviate dalle Ferrovie dello Stato e relative all’asse Salerno – Reggio Calabria, Palermo – Catania e Catania – Messina, per un valore globale di circa 8 miliardi di euro sarebbero bloccate generando un contenzioso perdente per il committente pubblico.
Non credo che, in questo delicato momento storico, il Governo voglia incamminarsi verso una scelta divisiva e ingestibile. (ei)
UNA METROPOLITANA LEGGERA CAPACE DI
UNIRE I TERRITORI CON COSENZA E UNICAL
di FRANCO BARTUCCI – «Una metropolitana leggera in grado di unire davvero i paesi del litorale tirrenico, e di unire il Tirreno Cosentino all’università di Arcavacata e al capoluogo Cosentino, implementando anche il trasporto per e dall’aeroporto di Lamezia Terme. Un progetto ormai improrogabile e mai concretizzatosi negli anni». A rilanciare l’idea di un mezzo di trasporto veloce di massa, anche in chiave turistica è stato il sindaco del comune di San Lucido, Cosimo De Tommaso.
«Può esser gratuita per i fruitori perché utilizzerà le linee e l’impiantistica già presente sul territorio costiero e nell’attraversamento verso Cosenza e l’Università. Serve – ha proseguito il primo cittadino – ad unire i territori, evitando in realtà di isolare delle zone, anche dell’entroterra nepetino e della Riviera dei Cedri, che hanno difficoltà ad usufruire del diritto alla mobilità. Finora, alcuni fattori e delle diversità di veduta hanno rallentato l’iter, ma l’opera è perfettamente realizzabile, risulta sostenibile dal punto di vista ambientale, e può definitivamente rilanciare la costa tirrenica, il capoluogo bruzio e la Calabria tutta».
De Tommaso ha poi proseguito: «Questa idea, gode già del sostegno di molti sindaci del territorio, è aperta a quanti vorranno sostenerla in un tavolo istituzionale con la Regione Calabria e la Provincia di Cosenza in prima battuta, ed è priva di colori politici e di primogeniture».
«La realizzazione di una metropolitana leggera – ha sottolineato il sindaco di San Lucido – consentirebbe anche a tantissimi abitanti della provincia di Cosenza di recarsi nelle località del Tirreno Cosentino con facilità e per tutto l’anno, incrementando le presenze nei nostri comuni, e darebbe la possibilità a lavoratori, studenti, e cittadini di recarsi a Cosenza, Università della Calabria, nell’hinterland, con facilità».
«Inoltre – grazie a questa opera – si devono realizzare collegamenti, anche con bus e navette, verso l’aeroporto di Lamezia Terme. Anche l’aspetto legato alla sicurezza è nevralgico. Le arterie stradali non sono più adatte e sicure per un’alta percorribilità, soprattutto nei mesi estivi. Una metropolitana leggera serve a decongestionare il traffico e se attiva anche di notte, specialmente in estate, si eviterebbero molti incidenti stradali, e sarebbe un mezzo utilizzato dai giovani per spostarsi in sicurezza. Dalla SS.18, alla Statale 107, fino ai collegamenti ferroviari, è evidente che persistono delle carenze strutturali e logistiche che incidono negativamente, è innegabile. Non dobbiamo puntare il dito alimentando inutili polemiche nè possiamo aspettare la manna dal cielo».
De Tommaso ha concluso dicendo: «Serve un’idea radicale sia nel settore dei trasporti che in quello turistico, che sia fattibile e che non resti nel cassetto dei sogni. Auspico il coinvolgimento dei sindaci e degli amministratori di tutto il litorale al fine di realizzare quest’opera di elevata capacità molto simile alla classica metropolitana, di cui conserva le caratteristiche di totale separazione o assenza di interferenza con altri sistemi di trasporto».
Una proposta intelligente e fattibile che si sposa perfettamente con l’idea progettuale della “Grande Cosenza”, legata alla nascita dell’Università della Calabria, ch’ebbe nel suo primo Rettore Beniamino Andreatta il suo “testimonial” primario insieme al prof. Paolo Sylos Labini, presidente del Comitato Ordinatore della Facoltà di Scienze Economiche e Sociali, che guardavano con interesse a degli insediamenti universitari proprio nell’area di San Lucido.
La metropolitana leggera del Tirreno proposta dal Sindaco di San Lucido ha radici nella nascita dell’Unical
Nel 1971 con la scelta di insediare la nascente Università della Calabria a Nord di Cosenza, sui territori dei comuni di Rende e Montalto Uffugo, nella relazione tecnica allegata alla delibera adottata dal Comitato Tecnico Amministrativo (giugno/luglio 1971), venivano fatte delle raccomandazioni speciali, tra le quali la realizzazione della galleria Santomarco per consentire un collegamento veloce ferroviario Cosenza/Paola/Sibari con un hub di smistamento in contrada Settimo di Montalto Uffugo, utile per una metropolitana veloce di collegamento con Castrovillari.
Cosicché veniva fuori l’idea di un collegamento veloce sulla base di un triangolo rappresentato dalla trasversale Sibari/UniCal/Paola con l’asse Cosenza/Università/Castrovillari da formare un triangolo immaginario visibile con prospettive di interessi comuni di ricerca e sviluppo del territorio, il tutto nell’ottica di creare la “Grande Cosenza” con tutte le sue potenzialità dei beni presenti materiali ed immateriali nel contesto territoriale.
Nei padri fondatori dell’UniCal nell’impostare, sulla base della legge istitutiva, lo statuto, dopo aver scelto come luogo d’insediamento l’area a Nord di Cosenza sui territori di Rende e Montalto Uffugo, legandola a Sud alla Statale 107 Crotone/Cosenza/Paola e a Nord all’asse ferroviario Sibari/Cosenza(UniCal)/Paola, costeggiata dall’autostrada Salerno/Reggio Calabria, nasceva l’esigenza, prevedendo nello statuto l’istituzione della commissione di collegamento con gli enti esterni, di consentire, attraverso la nascita di quest’organo, la promozione e la stipula di contratti di convenzioni tra l’Università ed enti pubblici e privati.
Era il prof. Paolo Sylos Labini, presidente del Comitato Ordinatore della Facoltà di Scienze Economiche e Sociali a spiegare ancora meglio le sue funzioni della commissione, la quale doveva assumere un ruolo essenziale per consentire la progressiva integrazione organica fra l’Università e la comunità calabrese.
In effetti, la nuova Università della Calabria non è stata concepita come un campus, ossia come una comunità sostanzialmente isolata e autosufficiente., né dal punto di vista urbanistico né dal punto di vista umano e culturale; la nuova università deve invece collegarsi e integrarsi in tutti i modi con l’ambiente e la vita circostante e deve costituire un centro di propulsione da tutti i punti di vista.
Nasce con il presidente Paolo Sylos Labini il progetto di realizzare sul mare ed in particolare nell’area del comune di San Lucido l’idea di costruire vicino al mare un complesso residenziale universitario.
«Noi vogliamo fare dell’Università della Calabria un’istituzione – scrisse in una lettera inviata al Presidente della Provincia di Cosenza, Francesco De Munno, originario di Montalto Uffugo, componente del Comitato Tecnico Amministrativo dell’UniCal – dove la gente deve andare con piacere, non semplicemente perché c’è, nella legge, l’obbligo della residenza; ed anche una quota delle residenze sul mare, insieme cin tutto il resto, può contribuire a questo fine».
Nel 1972 Andreatta in persona volle avere l’esperienza, per conoscere il territorio, di salire in trenino e sperimentare il tragitto: Paola/San Lucido/Falconara/San Fili/Rende/Quattromiglia/Cosenza, arrivando a deliberare di conseguenza quanto dalla comunità universitaria e dal territorio gli venivano sottoposte.
Infatti a metà novembre 1973 il sindaco di Cosenza, Fausto Lio, porta a conoscenza del Consiglio comunale che il Comitato Tecnico Amministrativo, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta, prima della sua scadenza, aveva approvato una delibera con l’impegno di insediare delle residenze universitarie nel centro storico di Cosenza, per favorire l’integrazione con la città e per valorizzare con opere di restauro gli importanti valori storico- ambientale presenti. Contestualmente lo stesso organo approvò che delle attrezzature universitarie venissero localizzate sulla costa tirrenica ed in particolare nel centro di San Lucido, collegato alle attrezzature universitarie per la didattica e per la ricerca mediante un sistema di trasporto rapido ed efficiente (superstrada Cosenza/Paola e nuova ferrovia).
«Il centro universitario costiero sarà dotato di attrezzature residenziali, sportive, culturali e di alcune particolari attrezzature di ricerca (ad esempio un centro ittiologico), e rappresenterà un polo di notevole interesse per l’intero sistema dell’attrezzatura costiera della Calabria. In periodo estivo, potrà essere utilizzato per congressi, per manifestazioni, per studenti stranieri, per corsi di specializzazione».
Con l’abbandono del Rettore Andreatta e della conclusione del mandato del Presidente, prof. Paolo Sylos Labini, non si è verificato che gli organi accademici ed istituzionali del posto abbiano accolto il suggerimento o cercato di applicare la delibera adottata per un complesso di nuove situazioni apparse sul cammino di sviluppo dell’Ateneo, come la vicenda del terrorismo, che ha distratto molto e penalizzato lo sviluppo dell’UniCal secondo le indicazioni derivanti dalla legge istitutiva del 1968.
Nel frattempo in tutti questi anni l’Università della Calabria ha riservato verso la fascia tirrenica una certa attenzione, utilizzato due alberghi noti di Cetraro e delle Terme Luigiane per svolgervi numerosi convegni, seminari, workshop, corsi e scuole di specializzazione sia a carattere nazionale che internazionali.
Lode, quindi, alla proposta del sindaco di San Lucido, Cosimo De Tommaso, per avere lanciato la proposta di realizzare una metropolitana leggera sulla fascia tirrenica tra PraiaMare/Amantea con estensione verso Cosenza e l’UniCal, non trascurando i dovuti collegamenti per l’aeroporto di Lamezia Terme.
Dopo oltre cinquant’anni è la volta buona per dare una risposta concreta alla realizzazione del sogno della “Grande Cosenza” di Beniamino Andreatta, che in termini pratici significherebbe portare a completamento il progetto dell’UniCal, con uno stato occupazionale maggiore soprattutto per la categoria giovani? (fb)
Saccomanno (Accademia Calabra): Ponte catalizzatore di tutti gli interventi previsti per Calabria e Sicilia
Il Ponte «è il catalizzatore di tutti gli interventi previsti per la Calabria e la Sicilia che ammontano a circa 80 miliardi». È quanto ha detto Giacomo Saccomanno, presidente dell’Accademia Calabra e componente del CdA della Società Stretto di Messina, nel corso del convegno “Il Ponte sullo Stretto. Straordinaria occasione di crescita e di sviluppo per il Meridione”, organizzato a Condofuri dall’Accademia Calabra e dall’Associazione Esserci per Condofuri.
L’evento è stato introdotto da Tommaso Iaria, ex sindaco e Capogruppo dell’opposizione del Comune di Condofuri.
Per Saccomanno, autore del libro “Questione Meridionale: forse è la volta buona”, «strade, rete ferroviaria, manutenzioni, che potranno, in pochi anni, trasformare le due regioni, realizzando infrastrutture che le comunità attendono da oltre 50 anni, almeno».
Saccomanno, poi, si è chiesto «come è possibile che per la SS 106 non vi siano i progetti per congiungere Catanzaro a Reggio Calabria, che per l’alta velocità non vi siano i progetti Praia-Reggio Calabria, come sia possibile che per l’elettrificazione della rete ferroviaria ionica si sta operando da qualche mese. Cosa hanno fatto gli amministratori negli ultimi decenni per cercare di infrastrutturare la Calabria?».
«La risposta molto semplice: tante chiacchiere e poi il nulla! Infine, lo stato del progetto Ponte: in poco tempo, grazie al lavoro del CdA e dell’Ad Pietro Ciucci non solo si è definito il progetto definitivo, ma non appena ci sarà l’autorizzazione del Cipess», ha concluso. (rrc)
ZES UNICA, UNA OPPORTUNITÀ DIMEZZATA
SE MANCANO ANCORA LE INFRASTRUTTURE
di MARIAELENA SENESE – La Zes Unica potrebbe rappresentare un volano di sviluppo per la Calabria, ma senza un adeguato potenziamento infrastrutturale il rischio è che resti un’opportunità dimezzata.
Non si può parlare di attrattività per le imprese se la Regione continua a essere tagliata fuori dai grandi assi di collegamento ferroviario e stradale. I dati, infatti, evidenziano che questa potenzialità è ancora frenata da ritardi e carenze strutturali. Con sole 24 autorizzazioni uniche rilasciate, rispetto alle 221 della Campania e alle 75 della Puglia, è chiaro che il nostro territorio non sta sfruttando appieno le possibilità offerte da questo strumento.
L’ennesima dimostrazione di questa logica penalizzante è il divario negli investimenti sull’Alta Velocità: il governo ha stanziato 8 miliardi di euro per il Nord e solo 3,8 miliardi per il Sud, escludendo di fatto la Calabria.
Se per Alta Velocità in Calabria si intende il solo tratto fino a Praia a Mare, allora stiamo parlando del nulla. Rete ferroviaria italiana ha annunciato che la progettazione dei lotti da Praia fino a Reggio è in itinere, ma senza l’affiancamento delle risorse necessarie questa fase resta solo un esercizio tecnico senza prospettiva concreta.
Oltre, poi, a garantire il finanziamento dell’Alta Velocità fino a Reggio Calabria, è essenziale valutare con attenzione il tracciato della linea AV, in particolare il passaggio da Tarsia. Se non si considera una connessione efficace tra la nuova linea ad alta velocità e l’area jonica cosentina, si rischia di investire risorse senza garantire uno sviluppo equilibrato del territorio.
Escludere dalla rete AV la parte jonica cosentina significa condannarla a un isolamento infrastrutturale perpetuo, con il rischio di aggravare le disuguaglianze già esistenti tra i diversi territori della Calabria.
È fondamentale che le istituzioni regionali e nazionali tengano conto di questa criticità, assicurando collegamenti efficienti tra la linea AV e la fascia jonica, affinché l’alta velocità diventi davvero uno strumento di crescita per tutta la regione e non solo per una parte di essa.
La Calabria sconta decenni di ritardi e mancati investimenti, con un gap infrastrutturale evidente rispetto al Centro-Nord e perfino rispetto ad altre regioni del Mezzogiorno. Non bastano fondi ordinari, servono risorse straordinarie, superiori a quelle destinate altrove, perché qui il ritardo accumulato è enorme. Servono certezze sui finanziamenti, non solo progetti sulla carta.
La Calabria ha bisogno di risorse straordinarie, superiori a quelle destinate ad altre regioni, perché i ritardi infrastrutturali accumulati in decenni di disinteresse sono enormi. Senza un piano serio per il potenziamento della rete ferroviaria e stradale, si condannerà la regione all’isolamento. Senza le risorse economiche necessarie questa progettazione resta solo un esercizio di stile.
Non si può ignorare la situazione della Strada Statale 106 relativamente alla quale siamo ancora in attesa del decreto di nomina del commissario straordinario!!!!
Senza collegamenti moderni ed efficienti, la Zes rischia di rimanere un’operazione di facciata. Le imprese non investono in territori isolati, privi di connessioni rapide con il resto d’Italia e d’Europa. Il porto di Gioia Tauro, principale hub del Mediterraneo, può diventare un volano per l’economia regionale solo se supportato da una rete ferroviaria e stradale all’altezza delle esigenze produttive.
La Uil Calabria chiede con forza che si metta fine alla logica delle promesse. Se vogliamo che la Zes Unica diventi un vero attrattore di investimenti e non solo un’etichetta vuota, bisogna garantire alle imprese collegamenti efficienti e competitivi. Non si può parlare di sviluppo senza infrastrutture.
La Calabria non può permettersi di marciare con il freno a mano tirato. La Zes Unica, se accompagnata da un serio piano di potenziamento infrastrutturale, può diventare il motore di sviluppo che questa regione attende da anni. È tempo di abbandonare l’immobilismo e dare alla Calabria la dignità infrastrutturale che merita. (ms)
[Mariaelena Senese è segretaria generale Uil Calabria]
Tavernise (M5S): Mese di febbraio cruciale per la Sila-Mare
Il consigliere regionale del M5S, Davide Tavernise, ha spiegato come le interrogazioni che ha presentato sulla situazione delle infrastrutture della Sibaritide, «nascevano dalla constatazione di continui ritardi in opere cruciali per il nostro territorio, una situazione che considero insostenibile e che ostacola lo sviluppo della regione».
«Ho sempre ritenuto che lo Jonio, “una Calabria nella Calabria”, meriti particolare attenzione da parte delle istituzioni», ha aggiunto, spiegando come nell’ultima seduta del Consiglio regionale l’assessore regionale Caracciolo «ha fornito un aggiornamento sullo stato dei lavori e sulle prospettive future».
BISOGNA SPENDERE DAVVERO LE RISORSE
DISPONIBILI PER INFRASTRUTTURE AL SUD
di ERCOLE INCALZA – Pochi quotidiani hanno riportato una serie di notizie che, a mio avviso, aprono una nuova fase nei rapporti tra organo centrale ed organo locale, tra Stato e Regioni. La prima notizia è sfuggita anche agli schieramenti che oggi caratterizzano la attuale opposizione al Governo, mi riferisco in particolare alla assenza, nel Disegno di Legge di Stabilità 2025, di risorse in conto capitale per l’avvio di opere infrastrutturali ed il ricorso ad un articolo, in particolare l’articolo 120, sempre del Disegno di Legge, che riporto di seguito, in cui si precisa:
Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo da ripartire a favore delle Amministrazioni centrali dello Stato, per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, con una dotazione complessiva di 24.000 milioni di euro, di cui 3.500 milioni di euro per l’anno 2027, 2.000 milioni di euro per l’anno 2028, 1.000 milioni di euro per l’anno 2029 e 2.500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2030 al 2036.
Il fondo di cui al comma 1 è destinato a interventi, anche già finanziati parzialmente, che presentino un cronoprogramma procedurale compatibile con il rispetto dei saldi di finanza pubblica, nei limiti delle risorse previste per ciascuna amministrazione dal suddetto allegato. I predetti decreti sono comunicati alle Commissioni parlamentari competenti e alla Corte dei conti. I decreti prevedono le modalità di monitoraggio sui sistemi informativi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato degli interventi e il relativo Cup, nonché la disciplina della revoca in caso di mancato rispetto del cronoprogramma.
In questo articolo, ripeto, si assegna una dotazione complessiva di 24.000 milioni di euro, disponibile però a partire dal 2027 di cui 3.500 milioni di euro per l’anno 2027. Una norma che tra l’altro contrasta con il Decreto Legislativo 93/2016, sempre in vigore, che all’articolo 2, comma 2, precisa: Le amministrazioni centrali dello Stato possono assumere impegni nei limiti dell’intera somma indicata dalle leggi di cui al comma 1. I relativi pagamenti devono, comunque, essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.
Quindi questa forzatura non notata neppure, come detto prima, dalla forze di opposizione denuncia chiaramente la limitata disponibilità di risorse e la corretta azione del Ministro Giorgetti di non gravare ulteriormente sul debito pubblico.
Ma proprio questa emergenza che, insisto, forse ancora non capita, ha portato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a modificare, in modo sostanziale, il rapporto con le singole Regioni, in modo particolare con le Regioni del Mezzogiorno che utilizzano, per una quota dell’80%, le risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione. Risorse che hanno visto, proprio in queste ultime settimane, la sottoscrizione, tra la Presidente del Consiglio e i Presidenti delle Regioni, degli atti con cui verranno assegnate le relative risorse.
L’Accordo siglato con la Campania porta a compimento il percorso di assegnazione delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2021-2027 pari a 6,5 miliardi di euro, quello con la Puglia porta ad un ammontare di 4,6 miliardi di euro, ecc.
In realtà sono le uniche risorse vere che garantiranno trasferimenti da parte dello Stato verso le varie realtà territoriali e questa ormai obbligata presa di coscienza ci porta purtroppo a constatare lo stato di avanzamento della spesa, proprio da parte delle varie Regioni, di tale Fondo.
Ebbene la Ragioneria Generale dello Stato, nel bollettino bimestrale sul monitoraggio delle politiche di coesione, ha comunicato la percentuale di pagamenti sul valore dei programmi: la percentuale è pari al 2,8% cioè 2,1 miliardi di euro su un totale di 75 miliardi.
Ricordo che il Programma è partito nel 2021, cioè quasi quattro anni fa e restano solo tre anni alla fine dell’arco temporale garantito dal Fondo. Cioè non abbiamo per niente letto attentamente la triste esperienza dell’utilizzo dei Fondi di Sviluppo e Coesione del periodo 2014 – 2020. Ancora oggi dopo la scadenza di tale Fondo nel 2022 (il Fondo scadeva nel 2020 ma prevedeva una proroga fino al 2020) siamo riusciti a spendere appena 33 miliardi di euro su 84,4 miliardi di euro.
Ebbene, la ormai misurabile carenza di risorse e la contestuale incapacità della spesa da parte delle Regioni ha portato il Ministero dell’Economia e delle Finanze a dare vita ad una sorta di organismo di vigilanza. Fino ad oggi ai vari Presidenti delle Regioni bastava rispettare il pareggio di bilancio, dall’anno prossimo nella gestione della loro spesa dovranno rispondere ad una Commissione nata con un duplice obiettivo; Evitare gli sprechi, monitorare costantemente le politiche finanziarie delle Regioni per evitare che una loro cattiva gestione, una loro incapacità della spesa incrini la soglia dell’1,3 % di crescita della spesa primaria, soglia concordata dal Ministro Giorgetti con la Unione Europea ed inserita nel Piano Strutturale di Bilancio.
Concludo precisando che la ormai presa d’atto di una assenza di risorse senza dubbio ha portato il Governo ad invocare una norma che contrasta con provvedimenti già assunti in passato e, al tempo stesso, anche priva di adeguata concretezza, tuttavia questa apprezzabile coscienza ha portato, contestualmente, ad una lettura responsabile delle uniche risorse disponibili, cioè quelle del Fondo di Sviluppo e Coesione, e alla esigenza di imporre un codice comportamentale nuovo nei rapporti tra Stato e Regioni legato proprio alla capacità della spesa.
Bisogna dare atto alla Regione Campania ed alla Regione Calabria, già prima delle sottoscrizioni degli accordi tra Stato e Regioni sull’utilizzo di tali fondi, di avere, in modo organico e capillare, attivato le procedure necessarie per consentire un concreto e misurabile utilizzo delle risorse stesse.
Insisto: l’utilizzo delle risorse del Pnrr, anche con una possibile proroga, non assicurano una rilevante copertura delle esigenze avanzate dalle Regioni e quindi l’unico vero riferimento finanziario rimane il Fondo di Sviluppo e Coesione 2021 – 2027, un Fondo che ci dà un respiro finanziario certo nel prossimo biennio di 29,3 miliardi di euro; evitiamo di ripetere la triste esperienza vissuta nell’utilizzo del Fondo 2014 – 2020. (ei)
ALTA VELOCITÀ, LE RISORSE NON MANCANO
È NECESSARIA CHIAREZZA SUL TRACCIATO
di NINO MALLAMACI – La Calabria, per la collocazione geografica e la peculiare morfologia del suo territorio, è più un’isola che una penisola, caratterizzata perciò da una marginalità che solo vie di comunicazione moderne e veloci possono abbattere. Iritardi nella progettazione sono non di rado causa di slittamenti dei finanziamenti e quindi della realizzazione delle opere.
Francesco Russo, professore ordinario di ingegneria dei trasporti presso l’Università Mediterranea, da noi interpellato, allarga il discorso alla politica – di qualsiasi schieramento, precisa – che dimostra scarso interesse alla pianificazione e quindi alla progettazione. Secondo lui, inoltre, si dovrebbe rivedere tutto il piano per l’alta velocità e le linee ferroviarie calabresi in generale. “Mancano i progetti. La soluzione potrebbe venire dalla Regione, che dovrebbe supportare la loro redazione. Dirò una cosa che può apparire strana: l’unica cosa che non manca in Italia sono i fondi, principalmente per investimenti e infrastrutture, perché arrivano dall’Europa e dallo Stato.
– Quindi, nonostante il ponte sullo Stretto dreni molte risorse ci sarebbero i fondi per fare altro?
«Ne sono convinto, quello che manca sono i progetti».
– Come si risolve questo problema? Dovrebbe entrare in campo la Regione?
«La Regione deve prendere in mano la partita, così come è stato fatto, ad esempio, nel 2017, quando bisognava realizzare le banchine lato est nel porto diGioia Tauro, i cui lavori sono stati completati quest’estate. La questione da affrontare è quella della progettazione. Se non si hanno i progetti completi non si fa niente».
– Ma perché non ci sono i progetti?Supponiamo che per un progetto per l’alta velocità occorrano 1, 2 o 3 anni; per reperire le risorse altri 3; per realizzare l’opera ulteriori 10. In sostanza, l’opera programmata sarà pronta, se tutto va bene, in 15 anni. Oggi la politica, senza distinzione di schieramenti, è fatta purtroppo di informazioni fast food, di cose da portare all’incasso subito in termini di pubblicità, immagine. Un’infrastruttura che richiede 15 anni non porta lustro a nessuno. Su questa impostazione la società civile, i giornali, i cittadini si devono impegnare per fare presente che è cruciale, ad esempio, fare un’alta velocità che vada fino a Metaponto e poi a Sibari, perché è l’unico modo per salvare la Calabria. Giornali, Università, scuole, circoli culturali dovrebbero pretendere un‘azione politica con una lettura strategica: oltre al fast food dell’oggi va guardata la prospettiva, il futuro».
– Torniamo all’alta velocità in Calabria. Un problema è quello del tracciato.
«L’attuale proposta di tracciato presenta un problema enorme che io definisco “di doppio curvone”. La linea da Salerno punta verso est fino a Romagnano e poi torna a Praia a Mare. Il tragitto deve invece essere dritto, da Battipaglia a Praia a Mare».
– Perché è stata operata questa scelta?
«La Battipaglia – Romagnano è sulla linea Battipaglia – Cosenza, ed è giusto, così com’è giusto che venga realizzata la Potenza – Metaponto perché la Basilicata ela Puglia lato jonico devono essere collegate. Ma, come ho più volte detto, la Battipaglia – Romagnano – Potenza – Metaponto non basta: va collegata anche la piana di Sibari. così la linea jonica dell’alta velocità sarebbe Battipaglia – Romagnano – Potenza – Metaponto – Sibari. La tirrenica, invece, andrebbe da Battipaglia direttamente a Praia a Mare, per poi proseguire per Lamezia, Vibo e Reggio, non virare verso Romagnano per poi tornare sulla costa tirrenica».
– Si allunga anche il percorso invece di accorciarlo!
«Pensiamo semplicemente al teorema di Pitagora: ci sono i 2 cateti, uno Battipaglia – Romagnano e l’altro Romagnano – Praia.L’ipotenusa è sempre più corta, quindi va realizzato il percorso dritto Battipaglia – Praia a Mare, non tutto il gran giro cui hanno pensato. Tutto ha un senso se alpercorso tirrenico si affianca l’alta velocità fino a Sibari. A questo punto avremmo Sibari testata alta velocità ionica, Reggio con Villa testata alta velocità tirrenica.Ora è stato ripreso un progetto che avevamo (giunta Oliverio, con Russo assessore ai trasporti, n.d.r.) posto in campo nel 2017 per l’elettrificazione della ferrovia jonica. Con l’elettrificazione della jonica e l’alta velocità fino a Sibari si può partire con frecciargento da Crotone…».
–… e una volta a Sibari si passo dall’altra parte, sulla tirrenica, e si arriva a Roma.
Esatto: Sibari Metaponto Potenza Salerno Napoli Roma, in 3 ore. Inoltre, per il 2030 è previsto il completamento della nuova galleria Santomarco (Paola – Cosenza)che sbuca 3 km a nord dell’Università di Arcavacata. Siccome da Cosenza a Sibari la linea ferroviaria è nuovissima si collega rapidamente Paola con Sibari. Da Cosenza si può andare a Sibari oppure a Paola, quindi Cosenza si trova al centro di tutta la partita. Andando giù, si sta sistemando la Catanzaro Lido – Lamezia. Quindi avremmo un sistema che per i prossimi 100 anni porterebbe in Calabria sviluppo lavoro occupazione.
– Importantissimo questo collegamento, perché per la nostra regione uno dei problemi di sempre è stato quello dell’attraversamento da una costa all’altra, dal Tirreno allo Jonio e viceversa.
«Però se, in questo momento, si passa da Lamezia a Catanzaro Lido, ci si trova il nulla. Se invece si avesse tutta la linea jonica elettrificata, si arriverebbe a Crotone rapidamente e, se fosse accettata l’idea di fare arrivare l’Av fino a Sibari, in 3 ore a Roma».
– Quale sarebbe l’impatto dell’Av sull’economia?
«L‘Italia del nord ha un sistema poderoso di alta velocità. Lì ha prodotto un incremento differenziale di Pil dell’1 %. La Calabria negli ultimi 10 anni ha viaggiato in media con un incremento annuo dello 0,6/0,7 di PIL. Significa quindi più del raddoppio del Pil della Calabria, il che cambierebbe la storia della regione, il modo di percepirla in Europa e nel mondo. Penso ai piccoli artigiani e commercianti, ai professionisti, ai piccoli industriali, a tutta l’economia importante e di qualità che abbiamo. Si rende conto che significa arrivare in Calabria, arrivare a Sibari da Roma in meno di 3 ore?».
– Significa proprio abbattere la marginalità della Calabria.
«Penso a Sibari perché è una delle aree produttive più importanti della Calabria per l’agricoltura, l’industria, il meccanico leggero. Non a caso Baker Hughes ha pensato a Corigliano. C’è tutto un territorio di piccole imprese meccaniche e metalmeccaniche di grandissima qualità. A parte la storia, la cultura, l’archeologia. Quella zona può esplodere e diventare locomotiva per tutta la Calabria. Per questo, come ho sempre difeso la linea Av tirrenica, allo stesso modo dico facciamo la linea ionica…».
– Perché sarebbe fondamentale per collegare tutta quella zona con le aree produttive del Paese.
«Dobbiamo tutelare gli interessi di tutta la Calabria: della piana di Lamezia, della Locride, costruendo modelli di accessibilità per garantire un futuro non legato all’assistenza. Il futuro lo cambiamo con l’inserimento nei grandi sistemi economici nazionali. Se da Sibari a Roma ci si impiega meno di 3 ore si cambia la storia della Calabria. Allo stato insomma il collegamento non esiste proprio. L‘unica cosa poco più decente che abbiamo è il treno (una scelta della giunta Oliverio) che parte da Sibari e va a Bolzano. Ma sempre via Cosenza e Paola.Se invece si fa arrivare l’A.V. a Sibari, in meno di 3 ore si arriva a Roma. Così facendo, inoltre, con i due tratti che, partendo da Metaponto, vanno a Sibari e a Taranto, si integrano i porti di Corigliano e Taranto».
– Lei ci ha detto che il padre di tutti i problemi è la carenza nella progettazione. Ma noi abbiamo anche fior di università che sfornano professionalità che poi vanno a operare altrove. Daremmo quindi anche un’occasione di lavoro gratificante e di qualità a questi calabresi.
«La Calabria ha la possibilità di fare tutto quello che vuole, ha qualità formidabili. Pensi che ci sono ragazzi calabresi professori ordinari di Trasporti nelle più importanti università fuori regione. A Roma Tor Vergata, per esempio, sono tutti ragazzi calabresi che hanno vinto i concorsi più difficili».
Insomma, ancora una volta, grazie in questo caso al professore Russo, abbiamo l’opportunità di saggiare le potenzialità di questa nostra regione. Quando giungerà il tempo in cui la Calabria sarà capace di tradurle in realtà? Una domanda che fluttua nell’aria e rimane senza risposta. (nm)
LEGGE DI BILANCIO 2025, C’È UN GRANDE
ASSSENTE: NON SI PARLA DI MEZZOGIORNO
di ERCOLE INCALZA – Leggendo il Disegno di Legge di Stabilità 2025 nasce spontaneo un interrogativo: e il Mezzogiorno? Cioè quali siano o quali possano essere le risorse che il Governo intenda assegnare, sotto varie forme (in conto esercizio e in conto capitale) alla infrastrutturazione del Sud?
Io, in modo forse ripetitivo, ricordo sempre che la legge 27 febbraio 2017, n. 18, dispone che la quota delle risorse ordinarie delle spese in conto capitale a favore delle otto regioni del Mezzogiorno non sia inferiore al 34% del totale nazionale. Quest’ultimo valore non è casuale, in quanto è analogo al peso che la popolazione del Meridione ha sull’intero aggregato nazionale. Inoltre nella legge Finanziaria del 2005, era stato precisato che le Amministrazioni centrali si dovevano conformare all’obiettivo di destinare al Mezzogiorno almeno il 30% della spesa ordinaria in conto capitale.
Ma dal 2018 al 2022, se andiamo a leggere le dichiarazioni di Ministri del Mezzogiorno come Barbara Lezzi o Giuseppe Provenzano o Mara Carfagna e di Ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti come Danilo Toninelli o Paola De Micheli o Enrico Giovannini, scopriamo che era davvero scandaloso assegnare solo il 34%; una percentuale ridicola che non avrebbe mai incrinato il gap tra Sud e resto del Paese; almeno bisognava assegnare il 50% e il Ministro Giovannini dichiarò, addirittura, la soglia del 60%.
Appare evidente che allo stato attuale le risorse assegnate per interventi infrastrutturali rilevanti, sì per le cosiddette “opere strategiche”, nel Mezzogiorno dal 2015 ad oggi non superano, come preciserò dopo, il 6,5% del valore globale degli interventi infrastrutturali del Paese.
Ritengo opportuno precisare che in tale analisi non ho ritenuto opportuno inserire le risorse destinate al Ponte sullo Stretto di Messina perché non ho, in tale indagine, inserito gli interventi relativi al nuovo valico Torino – Lione, al Terzo Valico dei Giovi ed al Brennero; infatti ho sempre ritenuto questi quattro interventi come scelte mirate a realizzare i quattro anelli mancanti in grado di integrare il nostro impianto trasportistico con l’intero impianto comunitario.
Per questo motivo le opere infrastrutturali ubicate nel Mezzogiorno per le quali ci sono apposite risorse e sono in corso iniziative progettuali e realizzative sono: Un primo lotto dell’asse ferroviario ad alta velocità – alta capacità Salerno – Reggio Calabria per un importo di circa 2,2 miliardi di euro; Il collegamento ad alta velocità – alta capacità Napoli – Bari per un importo di circa 5,8 miliardi di euro; Alcuni lotti funzionali degli assi ad alta velocità – alta capacità Palermo – Messina e Messina – Catania per un valore globale di circa 3,8 miliardi di euro; Alcuni lotti (uno in costruzione altri in fase di appalto) della Strada Statale 106 Jonica che collega Taranto con Reggio Calabria per un valore globale di 4,3 miliardi di euro; Alcuni lotti dell’asse viario Palermo – Agrigento – Caltanissetta per un valore globale di circa 700 milioni di euro; Asse ferroviario ad alta velocità Taranto – Potenza – Battipaglia per un valore di circa 500 milioni di euro; Reti metropolitane e ferroviarie urbane di Napoli, Palermo e Catania per un valore globale di circa 900 milioni di euro.
Il valore globale di queste assegnazioni si attesta su un valore di 18,2 miliardi di euro e tutte sono opere previste nel Programma delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo, opere che fino al 2022, escluso l’asse ad alta velocità Napoli – Bari, erano praticamente rimaste bloccate per scelta dei Governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e 2 e Draghi. Il valore del Programma della Legge Obiettivo era pari a circa 277 miliardi di euro (valore questo che non tiene conto, come detto prima, del valore dei valichi e del Ponte sullo Stretto) per cui i 18,3 miliardi di euro rappresentano appena il 6,5%.
Ma questa mia denuncia è davvero ridicola perché basata sulla logica delle risorse assegnate al Sud, una logica che, purtroppo, dopo molto tempo, ho capito che è solo un atto mediatico utile per testimoniare la esistenza di una volontà che si è trasformata in atti concreti solo con la Legge Obiettivo, dopo, invece, è rimasta solo una dichiarazione di buone intenzioni.
Pochi mesi fa ho fatto presente, in alcune mie note, che forse l’attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) possono essere invece una prima misurabile occasione per uscire da questo equivoco e, soprattutto, un simile approccio ci farebbe scoprire che sarebbe necessario disporre per azioni infrastrutturali e servizi al Sud pari ad un valore di circa 14 miliardi di euro all’anno per un arco temporale di almeno dieci anni.
In realtà, quindi, la misura di un vero cambiamento dell’azione del Governo nei confronti del Mezzogiorno non dovremmo più misurarla solo con queste percentuali inutili sul valore globale degli investimenti ma dovremmo convincerci, una volta per tutte, che l’unico modo per tentare di abbattere il gap del Sud nei confronti del Centro Nord, l’unico modo per evitare che il reddito pro capite medio si attesti sempre su un valore di 21 mila euro contro i 40 mila del Nord, l’unico modo per riconoscere al Mezzogiorno il suo ruolo chiave nel contesto nazionale e comunitario, l’unico modo per non rimanere, all’interno della Unione Europea, insieme alla Germania dell’Est la realtà economica incapace di crescere, l’unico modo è solo legato ad una azione organica nella omogenizzazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni.
Una azione che deve essere caratterizzata da iniziative non solo infrastrutturali ma anche in interventi capillari sulla miriade di servizi offerti: da quelli sul trasporto pubblico locale a quelli relativi alla offerta dei servizi sanitari e scolastici, ecc.
Ed allora, non avendo trovato risorse in conto capitale nel Disegno di Legge di Stabilità 2025 ho cercato quante risorse fossero state previste per l’attuazione dei Lep e non ho trovato alcuna risorsa e questa dimenticanza mi ha davvero preoccupato.
Addirittura ho pensato che il Governo speri, il prossimo 12 novembre, in una bocciatura, da parte della Consulta, della Legge n.86 del 26 giugno 2024 relativa all’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma della Costituzione. Sì è l’unico modo per evitare che una norma aggravi ulteriormente le sorti del Sud soprattutto perché, non disponendo il Governo di risorse, provocherebbe solo un rischioso conflitto non solo tra le Regioni del Sud e quelle del resto del Paese ma, addirittura, tra le stesse Regioni del Mezzogiorno. Mi spiace ma questo è uno dei primi passi falsi dell’attuale Governo. (ei)
L’Associazione Petrusinu: La politica catanzarese si batta per trasporti e infrastrutture
«Proporre e a monitorare, con convinzione, pervicacia e costanza, progetti reali di riqualificazione infrastrutturale dei trasporti». È l’invito che l’Associazione Culturale Petrusinu Ogni Minestra ha rivolto al sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, «al presidente della Provincia, al presidente del Consiglio regionale, ai consiglieri regionali e ai parlamentari eletti nel nostro territorio».
«Pochi giorni fa – ha detto l’Associazione – la politica regionale ha magnificato, legittimamente, il record storico raggiunto dai tre aeroporti calabresi per via dei 3,6 milioni di passeggeri superati nel corso del 2024. Un dato positivo che però impone l’obbligo, soprattutto in capo ai decisori politici, di una riflessione seria e definitiva riguardo alla rete infrastrutturale dei trasporti deputata a collegare i vari territori della nostra regione».
«Partire dalla Calabria, o arrivarci, deve significare anche facilità di spostamento dalle varie parti del territorio – viene sottolineato – soprattutto a motivo della particolare condizione di isolamento in cui tante aree della regione sono costrette. Ottimo, dunque, l’incremento del 75% dei viaggiatori che ha ottenuto lo scalo aeroportuale di Lamezia Terme grazie ai 2.700.000 passeggeri ivi transitati nel 2024; ma per rendere tale dato davvero significativo occorre azzerare una volta per sempre l’atavica carenza di collegamenti da e per l’area centrale della Calabria».
«A tal proposito, se è condivisibile il progetto di raddoppio della linea Paola-Cosenza – si legge – fra l’altro già elettrificata, non si comprende il motivo per cui un analogo progetto non sia previsto lungo l’Istmo di Catanzaro che collega – nel punto più stretto d’Italia e perciostesso il più strategico della Calabria – il versante jonico con quello tirrenico».
«Una “distrazione” imperdonabile – ha detto ancora l’Associazione – che addebitiamo a Rfi e ovviamente alla politica. Pensiamo ad esempio alle aree del Crotonese e della Locride, la cui utenza avrebbe tutto il diritto di raggiungere lo scalo aeroportuale catanzarese di Sant’Eufemia ma ciò di fatto viene compromesso dalla mancanza di collegamenti ferroviari ad hoc».
«I dati evidenziano, inoltre – conclude l’Associazione – che Lamezia è il punto di arrivo preferenziale nella nostra regione sia attraverso il traffico aereo che quello ferroviario. Come si può allora pensare di sviluppare il territorio in assenza di un’adeguata rete della mobilità nell’area centrale della Calabria, a partire dalla famigerata linea veloce Catanzaro-Lamezia?». (rcz)